(G.Dell’Artri) – «Dai fatti che abbiamo avuto modo di leggere, il ruolo che sarebbe attribuito ad Antonio Conte è vicino all’insignificante». Così il presidente della Juve Andrea Agnelli nella conferenza stampa di ieri nella quale ha ribadito che, per il club bianconero, Conte «è e resterà il nostro allenatore». Che poi, conferenza stampa si fa per dire, visto che i presenti non hanno avuto modo di fare domande. Ma quello sarebbe il meno. Perché si potrebbe comprendere una difesa del proprio tecnico (anche se è bene ricordare che i fatti si riferiscono a quando Conte era al Siena e non riguardano la Juve) ribadendo la convinzione o quantomeno la speranza della estraneità ai fatti, oppure ritenendo inaffidabili le accuse di uno dei pentiti. Ma definire insignificanti la dichiarazioni in cui Carobbio dice «lo stesso allenatore Antonio Conte ci rappresentò che potevamo stare tranquilli in quanto avevamo raggiunto l’accordo con il Novara per il pareggio» è quanto meno azzardato. Uno scivolone. Un altro, dopo quello su un argomento meno delicato come quello della stella da cucirsi sulla maglia del prossimo anno. Abbastanza da guadagnarsi comunque le prese in giro da parte dei tifosi di tutta Italia per il conteggio degli scudetti conquistati. Sono 28, ma loro se ne sentono 30 e vogliono mettersi d’autorità sulla maglia la terza stella d’oro. E quest sono solo i fatti degli ultimi mesi. Perché in realtà la storia della Juve è costellata di episodi controversi, contestati, da piccoli e grandi scandali. A cominciare quasi dalle origini. Non tutti sanno infatti che al termine del campionato del 1913 i bianconeri retrocessero, ma nel 1914 trovarono comunque un posto nel girone lombardo. Molti ci scherzano su facendo risalire a quell’episodio l’inizio dello “stile” Juve. Un salto in avanti di una settantina di anni per arrivare al 10 maggio 1981, a quel tuffo di “Ramon” Turone che avrebbe cambiato la storia di quel campionato. Il gol venne annullato, ma la storia l’ha fatta comunque, quella dei torti arbitrali. Diventando il simbolo dei favori ricevuti dai bianconeri da parte delle giacchette nere. Il simbolo, non certo l’unico (tanto per rimanere in casa Roma, Gautieri e Aldair ne sanno qualcosa). Perché negli anni la tradizione si è arricchiata di nuovi episodi. Come quel famigerato Juventus-Inter del maggio 1998 che ha condensato in una decina di secondi tutto il brutto del nostro calcio con Ronaldo che, murato da Iuliano, va a terra in un’area di rigore. L’azione prosegue mentre tutti protestano compreso uno solitamente pacato come Gigi Simoni per fermarsi nell’altra area per un rigore concesso su Del Piero. Da piangere, anzi da ridere, come ha deciso di fare Elio di “Elio e le storie tese” che da quell’azione ha preso lo spunto per comporre la canzone “Ti amo campionato”. Che in note raccontava con ironia ciò che pensavano i tifosi di tutta Italia («Ti amo campionato, perché non sei falsato. No, no, non sei falsato. A me mi eri sembrato falsato. M’han detto che non sei falsato»).Era il 1998, l’anno in cui Zdenek Zeman aveva lanciato le sue accuse sul doping.Una vicenda che anni dopo si è chiusa con la sentenza della Cassazione che ha annullato l’assoluzione pronunciata in appello, ma che di fatto ha salvato la Juve dichiarando scaduti i termini di prescrizione del reato. E si arriva così al 2006, a Calciopoli, alla retrocessione in Serie B, agli scudetti revocati. Quelli della presunta terza stella che ha fatto sorridere mezza Italia. Questione di stile…