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IL ROMANISTA La mancata strage dell’Olimpico

Stadio Olimpico di Roma

(M.Izzi) – (Ricostruzione realizzata sulla scorta del testo della sentenza del 20 aprile 2000 depositata presso la Corte di Assise di Firenze)  Il derby più fortunato della storia è stato quello del 24 ottobre 1993 terminato sul risultato di 1-1. Quel giorno i romanisti tornarono a casa infuriati, la Lazio aveva pareggiato a una manciata di minuti dalla fine della gara con un gol di Fabrizio Di Mauro. Il pubblico giallorosso “non aveva gradito” la corsa sotto la Nord dell’ex giallorosso, ed era, per la sua maggioranza, amareggiato. Quel giorno Francesco Totti non era tra i convocati (avrebbe giocato nella gara di ritorno, il 6 marzo 1994) e assistette al match dalla tribuna. Né lui, né i 75.000 che affollarono lo stadio sapevano che a pochi passi da loro c’era un’autobomba pronta ad esplodere. Un ordigno destinato a fare una strage. Questo, però, lo abbiamo scoperto molti anni dopo. Esattamente il 20 aprile 2000 giorno in cui, presso la Corte di Assise di Firenze, venne depositata una sentenza che faceva chiarezza su quell’episodio. Il capitolo numero 10 di quella sentenza ha un titolo tremendo, che ancora oggi mette i brividi: «La strage dell’Olimpico». Le stragi, i treni che saltano in aria, le bombe che esplodono nelle piazze e sugli aerei sembrano sempre lontani, immensamente distanti, fatti dolorosi che si può allontanare voltando lo sguardo altrove. Non è così, se le si ignora, se non si prova a capire e a dare il proprio contributo per cercare di cambiare le cose, le bombe ti scoppiano in faccia, anche mentre stai andando a vedere una partita di calcio. La decisione di piazzare la bomba venne presa in un villino a Misilmeri prima del giugno 1993. In quel mese, infatti, erano già iniziati i sopralluoghi nell’area dell’Olimpico, come dichiarato da Antonio Scarano. Uno di questi venne compiuto il 6 giugno, data in cui si disputò Roma–Udinese. Nei giorni precedenti al derby del 24 ottobre in un garage di Palermo si provvide a “preparare” l’auto bomba. Si trattava di una Lancia Thema. Negli atti processuali si legge: « (…) era stata rubata su commissione, erano stati abrasi i numeri del telaio e del motore e sostituiti con quelli di un’altra dello stesso modello, era stata munita delle targhe e dei documenti di quest’ultima; inoltre Giacalone aveva predisposto degli “spessori” cioè un sistema capace di evitare che gli ammortizzatori flettessero troppo, così da indurre a sospetto, sotto il peso dell’esplosivo. Spatuzza si accorse che sul parabrezza era stato applicato, per evidente disattenzione di Giacalone, un “portabollo” con stampigliata la dicitura dell’agenzia di assicurazione di Mangano, e provvide, vantandosi della propria accortezza, a eliminarlo». L’esplosivo, a forma di “rotoli”, probabilmente TNT, venne portato a Roma a bordo di un furgone arancione con la scritta ACEA, targato “Roma Y38754” e quindi sistemata nella macchina. All’incirca un’ora e mezza prima dell’inizio della gara la Lancia Thema venne parcheggiata davanti alla caserma dei Carabinieri adiacente all’aula bunker di Via dei Gladiatori, proprio in coincidenza della transennatura che era stata installata per l’esecuzione di alcuni lavori di scavo. Sul posto c’erano già Gaspare Spatuzza e Francesco Giuliano. Le due squadre, arrivando con il pullman sarebbero passate a pochi metri. Dopo aver parcheggiato la macchina, le chiavi vennero gettate e l’artificiere, Salvatore Benigno, si preparò a far detonare l’ordigno per mezzo di un telecomando. A questo punto la fortuna di cui parlavamo, entra in azione perché l’innesco, per un vero miracolo fa cilecca e il tritolo non esplode. Il commando a questo punto ha un problema non da poco, quello di far sparire il tutto. Salvatore Grigoli ha dichiarato che: «Giacalone gli riferì anche che avevano cercato di spostare l’autobomba (Lo Nigro (Cosimo), dopo averla piazzata, aveva gettato via le chiavi), prima da soli e poi con l’aiuto di un ladro di macchine chiamato da Scarano, ma senza riuscire nell’intento, che erano stati notati da un carabiniere in servizio nelle vicinanze allontanato con un pretesto, che la vettura era stata rimossa con un carro attrezzi da un amico di Scarano e infine demolita». Fu così che quella sera potemmo continuare a parlare di calcio, del gol di Piacentini, dei rimproveri per l’esultanza di Di Mauro …. fortunatamente la festa del derby era rimasta tale, senza tramutarsi in una tragedia. Quel 24 ottobre 1993 anche Francesco Totti tornò a casa e sfilò davanti alla Lancia Thema con il suo carico di morte. Oggi ci rende orgogliosi vederlo aderire ad un’iniziativa come questa, di sostegno all’azione di quei magistrati che giornalmente si battono per cercare di trasformare l’Italia in un paese “normale”.

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