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IL ROMANISTA Minà: Progetto Roma? Una novità

James Pallotta

(M.Bianchini) – Gianni Minà, giornalista, scrittore, cultore degli Anni 60 e profondo conoscitore della cultura e della letteratura latino americana, autore di centinaia di reportage per la Rai e di programmi televisivi e grandi documentari, amico dei Beatles (…) e di Alì, Fidel Castro e Diego Maradona, è un profondo conoscitore del calcio e dello sport.

All’ex direttore di Tuttosport abbiamo chiesto un parere sulla nuova Roma degli americani e sulla stagione che abbiamo alle spalle.

Quale bilancio faresti del prino anno del progetto americano della Roma, pur considerando la prevedibilità del cammino difficile e laborioso?
Considero il progetto che Baldini ha messo in atto su invito dei nuovi proprietari della Roma un segnale importante per il calcio italiano attuale, che è molto modesto dal punto di vista progettuale. La Roma, dopo anni importanti, aveva bisogno di svecchiare e mi pare che pur con i limiti che l’operazione ha imposto, si è trattato di una sfida notevole.

Ha portato una novità significativa nel panorama del nostro calcio, abituato al presidente mecenate , che spesso ha generato un accumulo di debiti?
Sicuramente sì, anche se bisogna rilevare che, da tempo, specie con ragazzi provenienti da altri movimenti calcistici, l’Udinese aveva cominciato questo esperimento e questo svecchiamento.

Meglio il calcio innovativo di Luis Enrique, oppure quello ritenuto da alcuni più rassicurante, dell’allenatore” tradizionale” ?
Non c’è un dogma da seguire. Il calcio italiano ha vinto con il catenaccio o senza catenaccio. Penso che i tentativi di Luis Enrique siano stati interessanti e forieri di un bel futuro. Mi fanno ridere quelli che pensano si debba giocare solamente all’attacco, così come mi sembrava esagerato credere solo nel gioco all’italiana. Il calcio spesso propone novità come il Barcellona degli ultimi anni, della “cantera”, dei campioni fatti in casa, che nessuno poteva prevedere. La proprietà americana si propone un salto qualitativo importante prima di tutto con l’esportazione del marchio.

Roma nel mondo. La piazza capitolina è pronta a recepire un totale cambiamento di abitudini, in particolare saper aspettare l’evoluzione del disegno?
La piazza non mi pare ancora matura per capire che bisogna aspettare e questo sarà il più grande problema che la Roma “americana” dovrà affrontare. Se uno ascolta le radio private di Roma ogni mattina, scopre che è una città piena di maghi del calcio, ma poi la realtà è un’altra. La Juventus, che pure non è così simpatica, quest’anno ha offerto un esempio di organizzazione, ma prima ha dovuto passare per alcune stagioni fallimentari. Nulla si risolve immediatamente, nello sport come nella vita.

Nel complesso del Foro Italico, intorno allo Stadio Olimpico, la nuova Roma sta dando vita ad una serie di iniziative di gradimento popolare con la prospettiva di incrementare il merchandising, come avviene in altri paesi. Un’idea che può trovare terreno fertile anche da noi, per rimpinguare, in parte, le deficitarie casse delle Società?
Sono iniziative interessanti, quelle che la Roma sta mettendo in campo per quanto riguarda il merchandising, ma bisogna tener presente che riflettono una diversa cultura dello sport, quella americana, che negli stadi non conosce ultras ed esagerazioni. Bisognerà vedere se i fan della Roma sapranno maturare, insieme a squadra e società.

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