Meglio tifoso o azionista? Nel primo caso dipende, nel secondo ci si perde sempre. Dal giorno della quotazione in Borsa, complessivamente, Lazio, Roma e Juve hanno bruciato oltre mezzo miliardo di euro di capitalizzazione. Non solo: il 50% dei loro ricavi derivano dai diritti televisivi. Cioè da quanto gli stessi tifosi, che magari sono anche azionisti, sono disposti a spendere per guardare la propria squadra preferita sul divano di casa. Un dato che fa riflettere, a poche ore dalla partita dell’Italia contro la Croazia.
Meglio la curva dello stadio o i saliscendi della Borsa?Probabilmente nessuno dei due. Iniziato il conto alla rovescia per la seconda partita della nazionale contro la Croazia a Euro 2012, val la pena di dare uno sguardo allo stato di salute finanziaria delle società calcistiche quotate in Piazza Affari, oltre ai loro debiti nei confronti delle banche, complessivamente esposte verso i club di Serie A per un miliardo di euro.
A dirlo è ReportCalcio 2012, consueto studio realizzato dai revisori contabili di PwC in collaborazione con Arel e Figc. I numeri che emergono, riferiti alla stagione 2010-2011, sono sconsolanti: debiti in salita a 2,6 miliardi (2,3 nel 2009-2010) – il 35% dei quali classificati come “debiti finanziari”, quindi verso agli istituti di credito – e ricavi medi in discesa a 101,5 milioni di euro, rispetto ai 105 del 2009-2010, con una perdita aggregata (Serie A e B) di 22,4 milioni sui ricavi da ingressi allo stadio, che pesano soltanto sull’8,2% delle entrate. La parte del leone, ovviamente, la fanno i diritti tv: in Serie A rappresentano il 55,6% dei ricavi di esercizio (58,3% nella stagione 2009-2010).
Fonte: Linkiesta
Juventus, Roma, Lazio. Sono queste le squadre che hanno deciso di sottoporsi al giudizio dei mercati per raccogliere risorse fresche. La Signora si è quotata a dicembre 2001 al prezzo di 3,7 euro per azione. Un anno prima la “magica” era sbarcata in Piazza Affari a 5,4 euro per azione, mentre l’Ipo dei biancocelesti risale addirittura al 1998, quando ancora c’erano le lire, all’equivalente di 5,5 euro per azione. Difficile stimare quanto valore è stato distrutto da allora. Tra i tanti, ci ha provato nel lontano 2006 Bipiemme Gestioni, oggi Anima, secondo cui dal 2002 nonostante la crescita del Dow Jones del 7,8% e dell’allora Mibtel del 21,4%, nel maggio di sei anni fa il titolo Juve valeva 1,19 euro (-67%), la Roma 50 centesimi (-90%) e la Lazio 33 centesimi (-93%), quest’ultima colpita nel 2005 dalle vicende legate al passaggio di mano delle quote dell’ex patron Sergio Cragnotti da parte dell’attuale presidente Claudio Lotito e da Marco Mezzaroma, e già reduce da un aumento di capitale da 80 milioni di euro a fine 2002.
Negli ultimi dodici mesi solo le banche sono state più avere di soddisfazioni per gli azionisti: il Ftse Italia All Share, il listino di riferimento, da un anno a questa parte è sceso del 31,9%, soltanto la Lazio ha ceduto meno dell’indice, -19,5% a quota 35 centesimi mentre la Roma ha perso il 39,04% scendendo a 42 centesimi, la Juve addirittura il 47,8% a 19 centesimi. Molto peggio dello Stoxx Europe Football Index – paniere composto da 21 club europei – che nello stesso periodo di tempo si è contratto “solo” dell’11,95 per cento.
Trasformare i tifosi in azionisti, dunque, è un’operazione fallimentare. Con notevoli eccezioni, come l’azionariato diffuso del Barcellona, che però non è quotato. Soprattutto per via dell’eliminazione, deliberata da Consob a fine anni ’90, della regola dei tre esercizi in utile come condizione per la quotazione. Risultato? Il giorno dell’Ipo la Lazio capitalizzava l’equivalente di 60 milioni di euro, oggi è a 24. Lo schema è identico per la Juve, che ha bruciato 350 milioni di euro – da 447 agli attuali 192 – e per la Roma, passata dai 295,3 milioni del 23 maggio 2000 ai 55,2 milioni di oggi. In totale fanno 626 milioni di euro (dato non parametrato alle azioni in circolazione). Non solo: i volumi scambiati giornalmente sono irrisori, e i titoli piuttosto volatili, essendo influenzabili da fattori imprevedibili come un infortunio di un giocatore, un’indiscrezione di mercato, o ancora i premi da corrispondere a giocatori e allenatore nel caso di vittoria dello scudetto. Esempio recente: il 7 maggio, giorno dopo la vittoria del 28mo titolo di Campione d’Italia, la Juventus ha ceduto l’8,5 per cento.
Si potrebbe obiettare che, data la mancanza di visibilità degli investitori sul lungo termine, i mercati non valutano correttamente i fondamentali delle società calcistiche. Vero solo in teoria. Il team torinese ha chiuso la semestrale al 31 dicembre 2011 (l’anno fiscale per i club va da giugno a giugno e non da gennaio a dicembre come la maggior parte delle quotate) con una perdita di 34 milioni di euro, a fronte di un patrimonio netto di 30 milioni, ricavi per 85,4 milioni (35 milioni di diritti tv), diritti sui giocatori per 133 milioni, svalutazioni sui medesimi per altri 23 milioni e una posizione finanziaria netta negativa di 125 milioni, cifra in cui sono compresi i 72 milioni di euro sottoscritti da Exor, la cassaforte della famiglia Agnelli, nel corso dell’aumento di capitale sottoscritto a inizio gennaio. Il Sole 24 Ore ha calcolato che, dall’ultimo scudetto, la Juve ha perso 200 milioni di euro chiedendone 225 ai propri azionisti nell’ambito di due aumenti di capitale. Non proprio un buon affare.
Più complicata la vicenda della Roma, passata via Unicredit dalla famiglia Sensi, verso la quale tuttora l’istituto di credito è esposto, all’americano Thomas Di Benedetto. Dai conti 2011 di Piazza Cordusio si evince che la società Neep Roma Holding S.p.A. (60% Di Benedetto e 40% Unicredit) «ha perfezionato l’acquisto da Roma 2000 delle quote in AS Roma, ASR Real Estate S.r.l. e Brand Management S.r.l.», con un esborso di 130 milioni di euro, di cui 52 milioni in seno alla banca. La quale, si legge ancora «la facoltà della Banca di cedere parte della propria partecipazione, entro il primo trimestre del 2012, ad uno o più investitori qualificati italiani», ipotesi che non si è ancora verificata, a spulciare la trimestrale dell’istituto guidato da Federico Ghizzoni. I giallorossi hanno chiuso la semestrale con ricavi in flessione del 34% a quota 43 milioni di euro – quasi il 50% dei quali derivanti dai diritti tv – perdite per 27 milioni e utili dalla gestione dei giocatori a quota 12 milioni di euro. Numeri che avvalorano l’ipotesi, emersa più volte nel corso dell’anno, di un delisting una volta concluso il passaggio di consegne tra Unicredit Di Benedetto.
Va meglio la seconda squadra della capitale, che al 31 dicembre 2011 con un utile di 2,4 milioni di euro (7 milioni nello stesso periodo del 2010), ricavi a quota 49,6 milioni di euro – 25 di diritti tv, inclusa la partecipazione alla Coppa Uefa – 9,4 milioni dalla gestione dei giocatori e una cassa pari a poco meno di 5 milioni di euro.
Su 178 milioni di ricavi complessivi, i diritti tv delle tre quotate ammontano a 81,5 milioni di euro, circa la metà. Tutto il resto, come detto, proviene dalle plusvalenze dalla cessione dei calciatori, dai diritti degli stessi quando sono in prestito ad altre squadre, e dallo stadio, che pesa soltanto sul 10% dei ricavi. Da ciò si capisce bene il peso della Lega di Serie A, guidata non casualmente da Maurizio Beretta, potente capo della comunicazione di Unicredit, nella negoziazione dei diritti televisivi. I quali, stando alla ricerca di PwC, nella stagione 2010-2011 hanno subìto una contrazione (Serie A, B, e Lega Pro) del 6% rispetto alla stagione 2009-2010, fermandosi a 971 milioni di euro.
Dall’altro lato della medaglia ci sono le banche. La gran parte degli istituti di credito foraggiano ampiamente i club, sia nelle sponsorizzazioni che nelle fidejussioni. La Juve ha 54 milioni di debiti verso le banche, tra cui Unicredit che ha concesso un leasing da 22,3 milioni per l’utilizzo del Centro Sportivo di Vinovo di sua proprietà, a copertura del quale il club ha siglato con Banca Sella un contratto di interest rate swap da 612mila euro. La Banca del Piemonte, invece, è esposta per 582 milioni verso il team di Alex Del Piero. Sempre Piazza Cordusio ha concesso fidejussioni alla Roma per 30 milioni di euro, oltre ad aver anticipato con un factoring da 20 milioni, i diritti televisivi. Banca Italease ha invece sottoscritto per 30 milioni il leasing del complesso immobiliare di Trigoria. I debiti della Lazio verso Unicredit e MPS factoring, relativi all’anticipo di crediti contro cessione dei diritti tv, sono di 3,38 milioni di euro. Gli 11,5 milioni di euro di debiti del club verso altre società calcistiche sono garantiti da Unicredit e da Caripe.
Lasciando da parte le logiche da trader, se un tifoso è anche azionista della propria squadra del cuore, da cosa dipenderà l’andamento del titolo del club, e di conseguenza i suoi guadagni? Da quanto Sky sarà disposta a sborsare per trasmettere la partita in tv. Cioè da quanto è disposto a spendere lo stesso azionista per godersela sul divano di casa.