“Rimetterò il mio mandato alla proprietà” subito prima di dare l’indicazione più importante “Metteremo nelle maglie campioni e chi campione ci diventerà”. Ultimi lampi del costruttore del nuovo corso, del paladino della rinascita romana e romanista, il direttore generale Franco Baldini. Poi la partenza per il Brasile, circa due mesi dopo l’addio di Luis Enrique, una settimana dopo l’arrivederci di Tancredi e qualche giorno prima dell’allontanamento di Daniele Lo Monaco. Alfieri piazzati in maniera strategia a gestire la squadra, lo spogliatoio e la comunicazione a 360°, persone vere che hanno trovato davanti un muro di “romanità” difficile da spazzare via con qualche bandiera americana sparsa o con la Hall of Fame. Tasselli di un puzzle da lui costruito che ora non ci sono più, cadono fragorosi uno dietro l’altro come un effetto domino. Baldini resta lontano da Roma, fisicamente e non. Questo nuovo corso non ci ha riportato il dirigente battagliero di cui tutti si erano innamorati e per cui tutti aveva combattuto. Qualcosa lo ha sempre mantenuto distaccato, sempre sulla difensiva e nervoso, non troppo convinto del passo che aveva fatto. In tanti temono che il prossimo che andrà via, sarà proprio lui. Gente del calibro di Baldini non si rimpiazzano a buon mercato nè si sostituiscono con soluzioni di fortuna. Era il caposaldo dall’inizio, deve rimanerlo fino alla fine. Altrimenti, potrebbe vacillare qualcosa di ancor più grave di un’organigramma dirigenziale, ma la fiducia della gente nella nuova proprietà.
Andrea Di Carlo