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CORRIERE DELLO SPORT “Voglio regalare ancora emozioni”
(R. Maida) – Ascoltare Zeman non è un lavoro, è un passatempo. Se non c’è magia, esiste una specie di magnetismo. Nella prima conferenza stampa da allenatore della Roma, trentacinque minuti di chiacchiere ermetiche e incisive davanti ad almeno cento giornalisti, nessuno ha avuto il tempo di respirare. Pronti? Via. “Avevo promesso ai miei amici che un giorno sareitornato. Ora sono qui e ringrazio chi mi ha permesso di ricominciare, anche se con qualche anno di ritardo”. Non è polemico e nemmeno arrabbiato. La sua è una soddisfazione piena di rimpianti: “Stavo per tornare prima, è scritto negli interrogatori (era l’anno 2005, quello prima di calciopoli, ndr) , ma evidentemente non si poteva. Peccato, perché avrei potuto fare qualcosa di importante. Sono stato penalizzato. Ma sono contento lo stesso: ho fatto calcio, anche se non da prima pagina, e in posti come Avellino e Foggia, per non parlare di Pescara, mi sono divertito comunque. E se ho accettato di venire oggi, è perché le cose nel calcio sono diverse. Se pensassi che posso fare dei danni non avrei detto sì alla Roma. Le voglio troppo bene…”.
DIVERSITA’ – Dal 4-3-3 di Luis Enrique al 4-3-3 di Zeman sarà come passare in un cruciverba dall’orizzontale al verticale. (…) “Ogni allenatore ha le sue idee e lui ne aveva alcune interessanti. Ma a me piace più proiettarmi verso la porta avversaria…»”. Il sorriso amaro di Baldini, che gli siede a fianco davanti a una sala stracolma di gente, racconta la grande differenza di mentalità rispetto all’allenatore scelto. Filosofie divergenti eppure unite in nome della Roma e di un’etica da difendere: “Se la società non vuole che si parli degli arbitri io mi adeguerò. Ma secondo me è uno sbaglio. Non succede niente se uno dice che l’arbitro ha sbagliato. A volte dirò anche che i miei giocatori hanno sbagliato”. Questo argomento è stato affrontato da Zeman e Baldini durante la trattativa. Alla fine i due hanno convenuto che sarà concessa una certa libertà di pensiero a tutti i tesserati, sempre nei limiti dell’educazione imposta dalla società. “Dobbiamo recuperare credibilità, visto che il calcio l’ha persa – continua Zeman – . Il rispetto sarà importante, sia in campo che fuori”.
OBIETTIVI – Non promette nulla se non di essere se stesso: “Visto come sono stato trattato in passato mi conviene dire che sono cambiato. Ma non credo sia così. Sarà il campo a parlare in questo senso…”. Tutti all’attacco, quindi, come chiede fuori dai cancelli di Trigoria la gente che già si è compattata al suo fianco. Ma senza rinunciare al sogno: “Chiunque vuole vincere. E bisogna provarci sempre. Ma credo che per un calciatore, oltre che per un tifoso, sia più divertente costruire gioco che distruggerlo. Del resto, io sono un uomo di pace…”. Dogmatico, ma non freddo: “Vogliamo riportare emozione allo stadio, far divertire i romanisti. So che il mio calcio può essere rischioso. Ma sei fai novanta gol in un campionato (come a Pescara, ndr) puoi permetterti anche il rischio di prendere qualche gol”.
IL RAFFORZAMENTO – Zeman non entra nei programmi di mercato ma ammette che la squadra ha bisogno di molti ritocchi per tornare zemaniana: “Per fortuna abbiamo tempo per analizzare le scelte. Non so che Roma sarà, perché la dobbiamo ancora costruire. Abbiamo già in rosa dei giocatori validi che lo scorso anno non hanno reso al meglio. Vedremo più avanti”. E’ l’occasione per chiarire che ai campioni non dirà mai di no. Anche se… “Nei giovani si trova maggiore voglia di imparare. Però a Pescara avevo sei ragazzi e sei giocatori esperti e bravi, come Sansovini. E a Roma ai miei tempi c’era un certo Aldair, che con me si è tolto delle belle soddisfazioni”. Il concetto è semplice: ben vengano i fuoriclasse, purché si adattino ai miei sistemi di lavoro che non sono esattamente teneri. “Ci sono squadre che magari non hanno bisogno dell’allenatore. Ma a mio parere l’allenatore è importante – chiude Zeman – e io mi sento importante, perché provo a dare un gioco, una personalità e un comprtamento. Io voglio una squadra che sappia giocare bene al calcio”.
IL CAPO – Su questo Baldini, che ha aperto la conferenza, è perfettamente d’accordo: “Volevamo insistere su un gioco attrattivo. E Zeman non è stato scelto tanto perché piace alla gente o perché è bravo a valorizzare i nostri giovani. Abbiamo voluto Zeman perché, banalmente, Zeman se lo merita. Non è un ripiego, è una scelta. Nessuno degli altri allenatori che avevamo contattato ci aveva detto di no. E se vorrà parlare degli arbitri, non c’è problema. Alla Roma non c’è dittatura e ognuno esprime le sue opinioni”.