(Il Messaggero) – C’è stato un momento, un paio di mesi fa o giù di lì, che Cesare Prandelli è stato sul punto di tornare ad essere l’allenatore della Roma. Una volta saputo da Luis Enrique che doveva cercarsi un altro allenatore, cosa accaduta al termine di Roma-Fiorentina del 25 aprile, Franco Baldini, dg giallorosso e amico fraterno di Prandelli, si è messo in contatto (anche) con l’attuale ct azzurro. Era stato proprio Baldini, del resto, a portare Cesare a Trigoria nell’estate del 2004, dopo l’addio di Fabio Capello.
Prandelli è stato ad ascoltare il suo amico Franco, ha valutato un po’ di cose, ci ha pensato due, tre giorni poi ha deciso che la cosa migliore per lui fosse restare in federcalcio, anche per una migliore qualità della vita come accennato ieri in conferenza-stampa. Beccato il no di Cesare, Baldini si è rivolto altrove ma il legame tra i due è rimasto ed è ancora saldissimo, tanto è vero che Prandelli non perde occasione per decantare il lavoro a Roma dell’amico Franco, come accaduto ieri quando ha elogiato la scelta dei dirigenti giallorossi di non convocare Osvaldo per la trasferta di Firenze dopo la lite con Lamela a Udine.
Oltre alla Roma c’è un’altra squadra che continua a pensare a Prandelli come al suo allenatore, l’Inter. Lo faceva quando Massimo Moratti non aveva ancora rinnovato il contratto ad Andrea Stramaccioni, continua a farlo adesso dopo la conferma del tecnico romano.
Insomma, quello di Prandelli è un nome ancora molto caldo per la panchina nerazzurra, indipendentemente dalla presenza di Stramaccioni. Resta un fatto, però: capire quali siano le reali intenzioni del ct. Il presidente federale Giancarlo Abete ha dichiarato che «Cesare resta al cento per cento», ma il futuro, nonostante un contratto fino al 2014, lo deciderà lo stesso Prandelli. Che non ha fatto e non fa fatica a ricordare al mondo di «essere un uomo di campo». Solo che negli ultimi giorni ha intonato troppe volte questo ritornello per non far pensare che il fatto non sia (più) casuale.