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GAZZETTA DELLO SPORT “De Rossi è come un gps. Lo imposti e ci pensa lui”

Daniele De Rossi e Pablo Daniel Osvaldo

(A.Elefante) Più che una scommessa, è stata una valutazione. Più che un azzardo, un rischio calcolato. Il perché lo ha spiegato ancora ieri lo stesso Cesare Prandelli: «Mio compito è esaltare le caratteristiche dei giocatori che ho». Non si riferiva esplicitamente a Daniele De Rossi, ma erano parole perfette anche pensando a lui e a quello che il c.t. ha scelto di fare con lui. Si chiede molto a chi molto può dare: De Rossi può, per Prandelli. Senza che questo ne snaturi le caratteristiche, pur adattandole: per fare qualcosa di diverso.

LE DUE FASI Alla fine il c.t. potrebbe davvero mettere tutti d’accordo (compreso il giocatore, che non da ieri ama giocare guardando la palla, avendola sempre davanti a sé): chi considera un errore, o comunque prematuro, allontanare De Rossi dal centrocampo e chi legge nel suo calcio un grande futuro, se non già un presente, da difensore. Perché Prandelli lo vuole difensore-centrocampista e ieri ha spiegato meglio la sua tiepida valutazione di domenica sera sulla gara del romanista: «A Daniele, che ha fatto una grande partita, è capitato di stare un passo indietro invece che un passo avanti per la sua grande dedizione nel garantire la massima copertura. Ma così a volte la linea difensiva non aveva riferimenti: per come vedo io il calcio, lui può fare le due fasi con più continuità, perché ha la resistenza di un centrocampista».

COME UN GPS E ha la duttilità dei grandi calciatori, dice Luciano Spalletti. Che fu il primo a chiedere a De Rossi di arretrare, anche se rifiuta la paternità dell’innovazione «perché con quelli come Daniele non sei tu a inventare nulla: sono loro che ti dicono dove possono essere usati e fino a che punto. È come avere un satellitare: imposti la richiesta e lui sa già la strada e la posizione di cui hai bisogno. Contro la Spagna per me ha giocato una partita stratosferica».

DIECI METRI PIU’ AVANTI Prandelli troppo esigente, dunque? Renzo Ulivieri, precursore della difesa a tre, ha visto bene De Rossi «sia nell’aumentare la densità difensiva che nell’aiutare la fase del palleggio basso». Spalletti invece è totalmente sintonizzato con il c.t.: «Daniele per me è perfetto davanti alla difesa. Più che dal portiere, lo vedo bene prendere palla dai due centrali: dieci metri più indietro si limita a impostare, dieci metri più avanti definisce. E ti dà la soluzione per far male anche in fase offensiva». Un tipo di lavoro — dice Gigi Di Biagio, oggi c.t. dell’Under 20, che in tribuna a Danzica ha rivisto in De Rossi gli ultimi tempi della sua carriera, centrocampista reinventato difensore centrale — «che lui può fare, e lo fa, con la sigaretta in bocca. L’importante è che non ragioni da centrocampista quando è il momento di difendere e basta: al minimo dubbio, deve essere bravo a “scappare” subito indietro».

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