(T. Cagnucci) – Parla come se fumasse. Si respira senza filtro tutte le pause. Roba buona. Roba forte. Viene direttamente da Praga città da fiaba – romanticissima – dove negli Anni 30 nacque il circolo linguistico, una banda ceco-russa di mezzi filosofi e mezzi matti, tra Panenka e Alenitchev, che diedero il là a parolacce come semiotica, fonologia eccetera sulla scorta di un certo De Saussure inventore della differenza fra significante e significato.
Semplificando un po’ tanto, significa che qualcuno può pure dire il contrario di quello che dice, che un ti amo può essere un bluff e che un vaffanculo sofferto può essere un modo di dire ti amo. Zdenek Zeman discende da quella tradizione. Maestro fra maestri, pionieri, innovatori della Mitteleuropa. (…) Sigmund Freud nacque lì, padre della Psicanalisi, ha articolato dai sogni il linguaggio dell’inconscio. Gregor Johann Mendel è stato il padre del linguaggio della genetica coniando termini come “dominanza” e “recessività”, è nato a Hyncice (Repubblica Ceca) un 22 luglio, quando convezionalmente è nata la Roma. Karel Capek, da Praga, ha introdotto la parola “robot” nel genere del fanta-romanzo, padre lui di un nuovo linguaggio scientifico. Franz Kafka, nato a Praga il 3 luglio quando inizieremo il ritiro, il linguaggio lo ha trasformato, ha scritto per dire altro ma perché quell’altro restasse indicibile. Alfons Mucha, di Brno (dove vince sempre Max Biaggi) è il padre dello stile Liberty. Zdenek Zeman è il padre di un nuovo linguaggio calcistico declinato in diagonale con un alfabeto: il 4-3-3. Lo è anche quando “deve” parlare con le parole, nelle punteggiature che mette quando fa la mossetta, la smorfia elegante, delle labbra che sposta leggermente. La faccia da volpe, il profilo sguincio di un personaggio da fumetto dark, cogli occhi incollati all’interlocutore di turno – uno dei tanto novelli Edipi che non risolveranno mai l’enigma della Sfinge e che fraintenderanno sempre la parola oracolare – fino a quando non ha capito o non si è annoiato. A quel punto si tira un’altra pausa, poi attacca allo stesso modo, con la stessa corda, lo stesso tono, all’attacco. E’ sempre il suo 4-3-3. Il suo le da capire a molti, ma non ai tifosi. E c’è un perché: parlano lo stesso linguaggio. Quello della Roma (o dell’amore che al contrario significa la stessa cosa). Il linguaggio – diceva un filofoso – “è la casa dell’essere, nella sua dimora abita l’uomo, i pensatori e i poeti sono i custodi di questa dimora”. Il linguaggio di Zeman sta di casa a Trigoria. Nils Liedholm coi paradossi ci ha vinto gli scudetti e ci ha portato a quella notte di maggio. Dino Viola col violese ha costruito tutto. Zdenek Zeman arriva soprattutto da questa tradizione, che è fumosa solo per chi non vuol capire (e forse per chi non fuma) e che invece dice semplicemente quello che dice: «Io voglio bene alla Roma». Parole come le sigarette che ama tanto. Semplicemente senza filtro. linguaggio. E’ la sua lezione, difficile da capire a molti, ma non ai tifosi. E c’è un perché: parlano lo stesso linguaggio. Quello della Roma (o dell’amore che al contrario significa la stessa cosa). Il linguaggio – diceva un filofoso – «è la casa dell’essere, nella sua dimora abita l’uomo, i pensatori e i poeti sono i custodi di questa dimora ». Il linguaggio di Zeman sta di casa a Trigoria. Nils Liedholm coi paradossi ci ha vinto gli scudetti e ci ha portato a quella notte di maggio. Dino Viola col violese ha costruito tutto. Zdenek Zeman arriva soprattutto da questa tradizione, che è fumosa solo per chi non vuol capire (e forse per chi non fuma) e che invece dice semplicemente quello che dice: «Io voglio bene alla Roma». Parole come le sigarette che ama tanto. Semplicemente senza filtro.