(Il Tempo) – «Una scelta». Franco Baldini semplifica così il ritorno di Zeman, il punto di arrivo dopo una lunga «selezione» di allenatori.
«È qui perché se lo merita. Lo volevamo l’anno scorso per il settore giovanile ma giustamente scelse il Pescara» aggiunge il dg, seduto al fianco del tecnico nel giorno della presentazione. A Trigoria occhi, orecchie, flash e telecamere sono tutte per il boemo. Non solo giornalisti, ma anche duecento tifosi che lo acclamano, gli dedicano striscioni e ricevono il suo saluto dal campo Di Bartolomei, dove Zeman arriva alla fine della conferenza stampa e si intrattiene con Bruno Conti e i ragazzi degli Allievi che si stanno allenando. Il maestro si riprende la Roma dopo 13 anni di purgatorio. «Mi ero prefissato: “prima poi tornerò” – racconta – ora l’ho fatto e sono felice. Vivo qui da 18 anni e la città la sento mia. Perché solo adesso? C’è scritto in qualche mio interrogatorio del 2006 che ero vicino ma non si poteva… Rabbia? No, direi un peccato: pensavo di poter dare qualcosa in più. Non devo prendermi rivincite: sono uscito dal calcio da prima pagina ma ho continuato a lavorare e divertirmi». Zeman parla a bassa voce, con le sue solite risposte corte ma ficcanti, senza dare troppe indicazioni sulla Roma che verrà. «La stiamo ancora costruendo e non faccio nomi adesso. Totti? Mi aspetto che farà il calciatore e lo gestirò come il resto della squadra. De Rossi non ha le doti del regista, può fare il mediano centrale con altre caratteristiche». L’obiettivo è tornare in Champions, ma preferisce tenersi vago. «Non ho mai visto un allenatore che non voglia vincere. Bisogna provarci e crederci. Spero che la squadra riuscirà a dare delle emozioni, a far divertire la gente allo stadio. Vorrei che ci desse delle emozioni: possono essere di due tipi, ma sono sempre emozioni».
Un po’ Battisti, un po’ Jedi, il tecnico incanta e combatte con le parole. Non risparmia una frecciata a Luis Enrique, «ognuno ha le sue idee, io sono un po’ più proiettato verso la porta avversaria», e spiega che al contratto biennale (c’è anche un’opzione per il terzo anno) «ci ha pensato la società. Ma io rimango della mia idea». Cioè che sono meglio i contratti di un anno. Il bello di Zeman, senza paura di dire tutto anche se si scontra col pensiero della sua società. «Non vogliono farmi parlare degli arbitri? Credo sia sbagliato: non succede niente se si dice che un arbitro abbia sbagliato. Ma sono un dipendente e se la Roma non vuole non ne parlerò». Baldini specifica: «Il nostro è un suggerimento non un ordine». Ai romanisti non dispiacerà affatto sentire il proprio allenatore lamentarsi dei «fischietti». «Ma spero – aggiunge l’allenatore – che non riaccadano le cose che denunciai anni fa: se pensavo di poter danneggiare la Roma non sarei tornato, le voglio troppo bene». Metterli d’accordo tutti, però, sarà impossibile. «Mi conviene dire che sono cambiato perché molti miei avversari mi criticano per quello… La fase difensiva? Per i giocatori è più soddisfacente costruire. Quando si distrugge si usano le maniere forti, io sono un uomo di pace percui cerco di non arrivare a grosse scorrettezze. Cercheremo di fare il possibile per far vedere che questo gioco si può fare anche con fair play: il problema è che il calcio non è più credibile». Ancor di più fuori dal campo. «Perché si compra di più all’estero? Forse lì i soldi sono più coperti…». Bentornati a Zemanlandia, il parco dove non ci si annoia mai.