(A. Ghiacci) – La cornice è meravigliosa, per quanto desueta per una partita di calcio. La Roma, la nuova Roma di Zeman, ha mosso i suoi primi passi nella splendida vallata di Riscone, contornata da montagne, alberi, un cielo terso. (…) Roba da quadro antico, insomma. Quanto antico? Più o meno quindici anni. Perché con Zeman in panchina e Totti esterno d’attacco, il salto al 1997 è arrivato automatico. Quella volta il boemo trasformò un ragazzo forte in un campione, oggi ritrova un campione con cui scherza prendendolo in giro per un pallone calciato fuori dal recinto e ancora quando l’ufficio stampa comunica che il capitano parlerà oggi in conferenza, dopo la sessione di lavoro in cui si comincerà con i mille metri: «Se ce la farà a parlare…» chiude il boemo.
SEGNALI – Comunque Totti e la Roma. Perché ieri, seppure si trattava della prima sgambata con poche indicazioni, se non quella del modulo, e con le gambe pesanti, la Roma ha già dato i primi segnali: chiari, inequivocabili. Stesso schieramento della sfortunata stagione di Luis Enrique: 4-3-3. Ma non più linee orizzontali, anzi: continua ricerca della profondità, sulla falsariga delle prime esercitazioni tattiche, svolte nella mattinata, poche ore prima di andare in campo. Niente più tiqui-taka alla catalana, massimo due tocchi e via per linee verticali. Proprio “alla Zeman”. Quel calcio che tanto piaceva e piace ai tifosi. Ieri hanno salutato il battesimo giallorosso in cinquecento, festanti, felici di avere i loro beniamini lì, a un passo, separati solo da una rete. E allora ecco gli applausi, i cori, le note dei vari inni giallorossi sparate a volume altissimo. Totti e Burdisso osannati tra un «’c’è solo un capitano» e ancora applausi scroscianti. Uno striscione elimina i dubbi sulla data di nascita della Roma, a meno per quel che riguarda il pubblico arrivato quassù: «22 luglio 1927!»