(M. CECCHINI) – Immaginateli affiancati, vestiti di nero e con lo sguardo serio; aggiungete gli occhiali da sole d’ordinanza e Chicago, all’improvviso, sembra aver ritrovato i suoi «Blues Brothers», il cui spirito volteggia sempre tra i locali della baia del lago Michigan e le sopraelevate ferite dal traffico.Zdenek Zeman e Francesco Totti, ormai, sono «cult» come John Belushi e Dan Aykroyd. Per questo, sul filo dell’ironia e dell’interpretazione retroscenista, ogni loro parola pesa. E il calcio italiano lo sa.
Scudetto sì Non a caso, nell’afa del Wrigley Fields, la prima cosa che colpisce è la risposta del boemo a un giornalista tifoso: «La Roma può vincere lo scudetto». In fondo, perché no? D’altronde squadre come Milan e Inter si stanno rifondando, e tutte le altre hanno le coppe europee. «È vero che alcuni giocatori importanti hanno lasciato la Serie A, ma spero che questo aiuti il calcio italiano a far crescere dei giovani bravi e più motivati». Insomma, quasi l’identikit del programma della proprietà Usa. «Ne penso tutto il bene possibile. L’America è un grande Paese e può trasferire la sua esperienza anche nel modo del calcio. La Nazionale sta facendo bene anche ai Mondiali e mi auguro che il nostro sport qui possa crescere. Spero che aiuti a far crescere anche la Roma». Col lavoro, ovvio. «Siamo a metà della preparazione. I ragazzi, non essendo abituati, hanno sofferto. Ma penso che nello sport bisogna imparare a soffrire. Il fuso, poi, non li ha fatti dormire, ma in tutte e tre le amichevoli vogliamo fare bella figura. I nuovi? Castan ha giocato la finale di Libertadores e quindi sta bene, Tachtsidis l’ho visto al Verona e mi ha impressionato. Dodò? Aspetto che i medici me lo ridiano. La rosa? Non è un problema di numero. Bisogna vedere se si può migliorare con giocatori più bravi. Ci sono le possibilità».
Io e gli Usa Idealmente si associa anche Totti, che gode quasi del massimo della popolarità qui consentita al «soccer», tant’è che gli chiedono se con lui l’Italia avrebbe vinto l’Europeo. «No, perdevamo lo stesso. Anzi, forse non saremmo neppure arrivati in finale». Ciò non toglie che lui si senta bene. «Zeman ha detto dopo l’ultima partita che corro più di 13 anni fa perché stava finendo il ritiro… Scherzi a parte, mi sento meglio rispetto ai primi giorni e se dovessi giocare a sinistra mi adatterei. L’importante è giocare. Il calcio è passione e io cerco di mettercela, e finché sto bene provo a far divertire la gente». Proprio ciò che cercano negli Usa: matrimonio possibile? «Adesso no, ma ho pensato, anche di recente, di fare una esperienza qui. Si vede che c’è un’altra cultura, un altro stile di vita, meno tensioni. Sono impressionato». Abbastanza per non archiviare l’idea di un fine carriera a stelle strisce. Magari con uno scudetto in più in bacheca, se Zeman sarà riuscito a far suonare alla Roma il suo calcio rhythm and blues.