(A. Angeloni) – Un saluto alla squadra, il ritorno a Roma, un bagno al mare di Ostia e stasera la partenza per il Brasile. Lo aspetta l’Internacional di Porto Alegre. Juan saluta dopo cinque anni.
Si sente scaricato?
«Nessuno mi ha mai detto che non puntava su di me, nemmeno Zeman. Io ho pensato al futuro: in Brasile avrò un contratto di due anni più uno, è stata la decisione giusta».
Ha parlato con Zeman?
«Tra gli allenamenti, la stanchezza, è stato un ritiro molto faticoso e non c’è stato tempo. Lui avrà parlato con la società, questo sì».
Sensazioni?
«Sono molto dispiaciuto. Ho vissuto cinque anni bellissimi».
Rimpianti?
«Non aver vinto, potevamo farlo. Ho avuto la fortuna di giocare insieme con bravi calciatori, purtroppo in questi anni abbiamo trovato sempre un’Inter più forte di noi. Ma io sono orgoglioso di quello che abbiamo fatto».
Le piace la Roma americana?
«Americana, italiana, la Roma è dei tifosi. Merita di stare in alto».
Delusioni?
«Spesso sentivo dire che non ero attaccato alla maglia, che mi risparmiavo per giocare in nazionale. Tutte falsità».
Ma lei spesso è stato fuori per infortunio.
«Sì, non sempre per colpa mia. Nella mia seconda stagione a Roma, in tanti si infortunavano, io sono spesso sceso in campo e non ero pronto. Tornassi indietro non lo farei e magari penserei davvero più a me stesso».
Altra immagine negativa, l’ultimo derby, gli insulti razzisti.
«Ciò che ricordo negativamente di quel pomeriggio è stato il mio infortunio. Quello che è successo con i tifosi della Lazio mi ha fatto male, ma ho dimenticato. E l’ho fatto in fretta».
Roma non è una città razzista.
«No, quelle scene si vedono nel calcio, nella vita di tutti i giorni e in ogni parte del mondo. Ma si va avanti lo stesso».
Ha avuto il coraggio di zittire una parte della tifoseria.
«Io non ce l’avevo con i tifosi della Lazio, ma solo con chi mi aveva insultato. Ho chiesto di tacere, era un mio diritto reagire in quella maniera. Ma ora è tutto dimenticato».