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IL MESSAGGERO Tachtsidis, rosso di rabbia

Panagiotis Tachtsidis

(U.TRANI) – «Vi chiedo scusa, ho sbagliato. Ma le ingiustizie non le accetto». Panagiotis Tachtsidis è«mortificato», quando parla ai compagni e all’allenatore, negli spogliatoi dello stadio dei Red Bulls. Lo ha raccontato Zeman che, pur sdrammatizzando, ha comunque disapprovato il gesto. Consigliandone uno che non avrebbe lasciato la squadra in inferiorità numerica. «Ha ricevuto una testata sui denti. Capita che, in casi del genere, si possa reagire male. L’arbitro ha preso una brutta decisione, ma io al posto del mio giocatore sarei rimasto per terra a piangere».

Pana ha la faccia buona e l’espressione dolce. Lascia la sua Arena, ad Harrison, nella notte calda del New Jersey a testa bassa e con le labbra gonfie e ferite. A dieci minuti dalla fine, per una sua entrata in scivolata a centrocampo e all’altezza del fallo laterale, ha subito due torti e non ci ha visto più. L’arbitro statunitense Terry Vaughn, impresentabile, gli ha fischiato la punizione contro e il difensore avversario Figueroa gli ha rifilato una testata. Il greco è diventato il toro scatenato nella tana dei Bulls di Titi Henry. Prima l’atterramento da judoka di Figueroa, sollevato di peso e ribaltato sul terreno di gioco. Il direttore di gara gli mostra il giallo. Qualche istante e Tachtsidis, ormai fuori di sè, si prende anche il rosso, su indicazione del primo assistente Quinsenberry.

Panagiotis non è più Santissimo come dice il suo nome greco sulle spalle e sopra il numero 77. Vuole vendicarsi. Solleva anche i compagni che si mettono in mezzo. I più alti e robusti, Castan e Romagnoli. Alzati al cielo come coriandoli. Perché Pana è grande e grosso, il più forte fisicamente del gruppo. Si ferma solo davanti a Osvaldo che lo convince a lasciare il campo. Zeman toglierà subito dopo anche l’attaccante perché capisce che vuole sostituirsi al greco e sistemare al suo posto la questione. Lo scontro di gioco e il conseguente corpo a corpo tra i due giocatori inizia accanto alla panchina romanista. In tribuna, in quel punto, diversi tifosi giallorossi. Un italoamericano ben piazzato quanto Tachtsidis ha la maglia nera della Roma. E’ all’Arena di Harrison con la moglie e ha in braccio un bimbo di pochi mesi. Tira in campo, verso il guardalinee, un pacchetto aperto di patatine che sporcano il prato e fanno solo colore. Accetta, come Pana, la decisione del signor Vaughn. Ha visto, da pochi metri essendo in seconda fila, la testata di Figueroa. Espulso anche lui, dallo stadio dei Red Bulls, su segnalazione degli uomini della sicurezza. Va via con il neonato, disgustato dall’arbitro e anche dai tifosi dell’El Salvador. Nel primo tempo hanno lanciato bottigliette a Lamela e Taddei, ammoniti nella stessa azione, e dopo l’espulsione di Tachtsidis anche a Bojan quando lo spagnolo è andato a battere un corner. «L’atmosfera era un po’ calda, forse troppo. Anche per questo, però, per noi è stato un buon test. Siamo sulla strada giusta» ammette l’ad Fenucci.

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