(T. Cagnucci) – La Roma. Alla fine la cosa più bella è proprio all’inizio, la prima parola. Alla fine della giornata in cui la Roma riscende in campo – e chissenefrega se sono camerieri, sindaci, boscaioli o carnivori in fondo c’era pur sempre in difesa come centrale uno che si chiamava Krol (e ciavevano le maglie celesti tipo Albinoleffe o Lazio, se solo si sapesse che colori cià la Lazio – è proprio quella sensazione lì di vederla riscendere in campo bella nella sua bellezza eterna, con quella maglia, e finalmente i calzettoni rossi, quella sensazione davvero d’inizio, dell’ecco che sta per, che ciai sempre quando sta per giocare la Roma e ce l’hai un po’ di più quando rigioca dopo tanto tempo (in quegli istanti pensi che possa capitare qualsiasi cosa bella da lì a un’ora e mezza) . La Roma. Poi di domenica pomeriggio, col sole, col gol di Totti che più del sole ti indica l’immutabilità del tempo, non solo il suo trascorrere (qualche etto in più) ma il suo non poter non esserci. Il gol di Totti alla Totti, poi. Totti a sinistra dove volle Zeman, dove lo forgiò Zeman, con Zeman nuovamente su quella panchina: come l’acqua al mare, di domenica, nel giorno del riposo biblico, il Maestro si è seduto un’ora e mezza per vedere quel che aveva creato. C’è ancora disordine, è il caos della creazione, la prova del 9 a zero, non c’è ancora nessun 4-3-3 compiuto e nemmeno accennato, a parte qualche sovrapposizione provata per la prima volta proprio ieri mattinata.
Presto il Boemo farà girare il mondo, cioè la Roma (che bella cosa è la Roma) intanto ieri ha fatto una promessa e ha realizzato una profezia: Roger Federer ha vinto Wimbledon in quattro set mentre in mattinata dopo l’allenamento ha detto ai tifosi sotto la tribunetta che “cercherò di farvi felici”. Che cos’è il Paradiso se non una promessa di felicità? Nessuna blasfemia, c’è pure un piccolo miracolo, il gol numero 25.001 di Borriello che proprio ieri ha annunciato ai tifosi quel che sarà: partirà. Vabbé nessuna blasfemia per davvero, qui si tratta pur sempre d’amore. Ce n’è pure nel ritorno – bello, tondo, tranquillo, lucido – di Nicolas Burdisso, negli scorci splendidi di Bojan (Bojan finora è sempre stato uno scorcio, ma sulle stelle sbattute sulla traversa), in Florenzi che sembra essere già sbocciato, in Taddei che può giocare dappertutto (persino dove se l’era inventato Luis Enrique scandalizzando il mondo sottostante), in Osvaldo cuore rock che si coccola la famiglia vicina al campo, in tutti i giovanissimi che sognano di diventare Totti. Il più piccolo si chiama Alessio Romagnoli, fino a poco tempo fa sognava di poter giocare in Primavera, ieri s’è ritrovato nell’Estate della Roma. Era emozionato. E’ stato bravo. Lo ha scelto, cercato, benedetto Walter Sabatini che prima che iniziasse la partita in tribuna pronunciava massime laiche da contrapporre alle profezie boeme: “Cos’è una vita senza fumo? E’ come un sonno senza sogni”. Sono esattamente quelli che hanno i tifosi della Roma: apposta l’altro giorno invitavano Zeman a “facci fumare”. Ce li ha Romagnoli che la profezia e il destino ce l’ha nel nome: durante la partita s’è sentito come lo chiamano: “Roma”. La Roma. La cosa più bella anche alla fine.