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LEGGE STADI Al Senato rallentamenti e polemiche

Senato

Ha preso il via in presso la 7a Commissione Istruzione Pubblica, Beni Culturali del Senato, in sede legislativa la discussione sul Ddl Stadi recentemente approvato dalla Camera dei Deputati. All’esame, in terza lettura, del disegno di legge sui grandi impianti, si aggiunge in prima lettura l’esame del ddl n. 1813 sulle piccole strutture.  Le due tematiche: l’incentivazione delle grandi strutture sportive e il supporto alle associazioni sportive dilettantistiche e i piccoli impianti, erano state scisse sia per i diversi destinatari dei provvedimenti, sia per la necessità di trovare adeguata copertura finanziaria per le agevolazioni fiscali a favore delle società sportive dilettantistiche, ancora non definita.  Al riguardo, inoltre, il “decreto sviluppo”, attualmente all’esame dell’Assemblea della Camera, reca agli articoli 64 e 65 norme inerenti proprio la diffusione della pratica sportiva e la realizzazione di nuovi impianti sportivi ovvero la ristrutturazione di quelli esistenti, attraverso la creazione di un Fondo ad hoc preso la Presidenza del Consiglio.  Al momento quindi, esiste solo un accordo che i due testi vengano esaminati in parallelo, senza venire unificati. Ma che cosa accadrà nel corso dell’esame, dopo che il DL sviluppo ha risolto il problema della copertura finanziaria per le piccole strutture?  Nel frattempo sono iniziati a sorgere i primi problemi perché l’iter della norma possa essere spedito come ci si aspettava. La Commissione Ambiente infatti, ha sollevato un conflitto di competenza, sul quale occorre attendere la decisione del Presidente del Senato. Analoga procedura potrebbe poi essere avanzata dalla Commissione lavori pubblici. Di conseguenza l’esame della norma è stato rinviato, con qualche polemica nel dibattito in Commissione. La Juventus ha costruito lo stesso un nuovo stadio, che bisogno c’è di una legge sugli impianti? Lo ha detto in commissione Istruzione al Senato il radicale Marco Perduca (eletto nelle fila del Pd). “Meglio non far nulla che una cattiva legge“, ha poi aggiunto. In commissione è infatti ricominciato il dibattito, in sede deliberante, sulla cosiddetta riforma degli stadi (o degli impianti sportivi), già approvata una prima volta dal Senato, poi dalla Camera con modifiche, e nuovamente di passaggio da Palazzo Madama. “Innanzitutto – ha esordito Perduca – il provvedimento in prima lettura fu approvato in sede deliberante per l’urgenza di presentare la candidatura dell’Italia a Euro 2016 (che si svolgerà in Francia; ndr). Tale urgenza è dunque venuta meno, anzi: accelerare i tempi non consente di dare la risposta migliore alle numerose esigenze in campo. Piuttosto, consentiamo la costruzione o ristrutturazione di impianti sportivi solo a quelle società che presentino bilanci in pareggio“. Inoltre, ha aggiunto il senatore radicale , sono stati tolti “troppi vincoli per la costruzione dei complessi sportivi, tanto più che il testo riguarda ora anche impianti di dimensioni medio-piccole, senza porre la dovuta attenzione a tematiche di rilievo come la capacità di sopportare un regolare aumento delle presenze“. Per il Pd, invece, “è importantissimo concludere al più presto l’esame del provvedimento“. “La mancanza di una legislazione di settore sugli impianti sportivi – ha detto in commissione Antonio Rusconi contraddice infatti l’enorme interesse che il calcio riscuote nel Paese“. “Le modifiche apportate da Montecitorio – ha ricordato il senatore del Pd – consistono nell’aver fatto ricorso alla conferenza dei servizi anziché all’accordo di programma con una procedura più lunga ma senz’altro più garantista, nell’aver soppresso l’articolo sui diritti televisivi e nell’aver imposto vincoli più restrittivi sul piano ambientale, come giustamente richiesto dal ministero per i Beni e le attività culturali“. “Qualunque modifica – ha avvertito – avrebbe però la conseguenza di affossare la legge, visto lo scarso tempo a disposizione prima della conclusione della legislatura. Dunque meglio il testo attuale che l’assenza di qualsiasi normativa: si tratta di una legge in fin dei conti abbastanza buona perché obbliga comunque i vari soggetti istituzionali a un confronto produttivo dal quale devono uscire adeguate risposte agli operatori di settore“. “Al tempo stesso – ha concluso – le società di calcio non potranno più addurre la mancanza di strumenti normativi a giustificazione della loro inerzia“.

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