(ilmessaggero.it) – La nuova stagione alle porte, ed è già tempo di bilanci. In casa Roma si soffia sulla prima candelina della gestione americana con la consapevolezza di avere davanti ancora tanto lavoro da fare.Il 18 agosto 2011, col passaggio di mano dai Sensi alla cordata capeggiata allora da DiBenedetto e oggi da Pallotta (presto il passaggio di consegne alla presidenza del club), si apriva di fatto il corso della Roma “made in Usa”.
Un avvio difficile. Un avvicendamento che finora, però, ha prodotto risultati soprattutto fuori dal rettangolo di gioco. Se in campo, infatti, l’esperienza con Luis Enrique è già stata archiviata come fallimentare – tanto da convincere la dirigenza di Trigoria a riportare Zdenek Zeman nella Capitale per riaccendere entusiasmo e ambizioni della piazza – diverso è il discorso riguardante la gestione della società. Con lo sbarco degli americani, sottolinea l’ad Claudio Fenucci, si è avviata «la progressiva costruzione di una squadra (rivoluzionata rispetto al 2011, ndr), in grado di assicurare competitività immediata e futura al club; l’avvio di un processo di ristrutturazione finanziaria, non facendo mancare comunque risorse per gli investimenti sportivi (rinnovo del contratto di De Rossi, ndr); un diverso approccio per tutte le attività di marketing, orientate sempre di più alla soddisfazione delle esigenze dei tifosi».
Il nuovo stadio. Per fare della “Magica” un club di dimensioni internazionali, obiettivo finale dichiarato dalla proprietà statunitense, c’è però ancora molto da fare. Ma i prossimi traguardi da tagliare sono già stati individuati: «Essere stabilmente al vertice, sviluppare adeguatamente il brand, progettare e costruire la nostra nuova casa». Il business legato allo stadio di proprietà è uno dei motivi principali che hanno spinto gli americani ad investire nella Roma assieme al partner UniCredit. A settembre si conoscerà la zona che dovrà ospitare il nuovo impianto (in pole Tor di Valle), ma dopo un anno dalle parti di Trigoria c’è la convinzione che se si riuscirà a costruire un club «strutturalmente e autonomamente forte, organizzato, moderno e aperto al mondo, non ce ne sarà più per nessuno».
L’impegno di Baldini. «Il futuro sarà nostro, forse molto prima di quanto pensiamo» la considerazione di Fenucci, sposata da Franco Baldini. Il direttore generale è stato forse il più criticato tra i dirigenti, per il suo ritardato arrivo nella Capitale (provocato dall’impegno con la Federcalcio inglese), per le iniziali frizioni con capitan Totti, per la difesa a spada tratta del lavoro di Luis Enrique. Insomma, un anno intenso. «Ma per me non è nemmeno un anno, anche se a volte mi sembrano dieci, perché in realtà sono arrivato soltanto a metà ottobre – ricorda Baldini – Non so dire le cose che abbiamo fatto, se siano state buone o meno, se saranno servite oppure inutili. Qualcuno che avrà titolo per farlo, oltre al tempo, lo dirà. Posso dire di come le abbiamo fatte, ed è stato dedicandovici tutto». «Abbiamo avuto ed abbiamo tutta la libertà del mondo nell’operare ed in cambio assumiamo un’enorme responsabilità – conclude – ma qualsiasi cosa sarà successa lo sarà solo perchè le nostre scelte alla fine l’avranno determinata».