(G.Cavalli) «Te pozzeno mitrajatte, l’altra volta, a Roma, non s’è fatto vede’. Semo stati a balla’, m’ha raccontato poimi’ cugino Sergio. Me potevate chiama’ pure a me, gli ho detto io» protesta con una gran risata zi’ Santina, 76 anni, scamiciato di cotone a fiorellini e tovaglia di tela cerata a fragole sul tavolo di cucina. Nella intricata genealogia di Poggio Nativo, provincia di Rieti, 2560 abitanti e quasi tutti almeno un po’ lontani parenti, lei è la zia di James Pallotta, per parte di madre: «I Savioli erano sei fratelli, grandi e grossi, li chiamavano gli Spalloni. Zi’ Antonio, zi’ Gaetano e zi’ Vincenzo emigrarono in America. Mio padre Lucio, zi’ Nazareno e zi’ Augusto rimasero qua». Il nuovo presidente della Roma, nato a Boston, è il nipote di Vincenzo: sua mamma (che pure si chiama Vincenza) è la cugina di Santina. «Ce somiglio, mbè, il sangue scorre» conferma lei che, come tutti qui in questo borgo della Sabina a 57 chilometri da Roma, famoso per l’olio buono (un cartello spontaneo però segnala anche «porcini rifinitissimi »), sta aspettando che il n.1 dell’As Roma venga a farsi festeggiare dai concittadini.
«Vincenzo in America si mise a fare l’ortolano, girava con il carretto, un giorno gli si schiantò il cavallo in mezzo alla strada. Papà mio invece era porchettaro, sollevava da solo i maiali da un quintale e mezzo. Avrei tanto piacere di conoscerlo, questo nipote, ma non perché è presidente o perché ha i soldi, che qui non ci serve niente, ne ho che mi bastano e avanzano» precisa zi’ Santina mentre controlla il sugo sul fuoco: «Guardimpo’, ci ho messo le zampe e le teste di pollo, è casareccio, piace tanto a mi’marito. Il pomodoro è quello nostro, ne ho riempite 120 bottiglie. E pure il minestrone, la scafata di fave, la marmellata di fichi no, perché so’ tutti fracichi. Se viene James gli preparo la pasta al forno o gli gnocchi. Io sono romanista, però le partite me le vedo in tv e quando la squadra perde come mi arrabbio, dico pure le parolacce ». Ma in paese, rivela, ci sono un sacco di laziali. «Sì», conferma il direttore dell’ufficio postale, Tullio Formichetti. «E purtroppo dalla sede centrale, non so perché, mi mandano solo le tessere Poste Pay biancoazzurre».
A compensare il disavanzo del tifo basta anche da solo l’indaffaratissimo signor Mario Ponziani, ex assessore, pensionato della fabbrica di perspex, classe ’38, quasi 50 anni al servizio della Roma, piccolo azionista, cugino lontano di Santina e quindi anche di James l’americano, che annuncia: «La delibera è quasi pronta, Pallotta sarà cittadino onorario, entro settembre speriamo di averlo qui». Intanto, immortalato dalla telecamere di Roma Channel, il patron lo ha già omaggiato di un bacio sulla guancia, da tribuna a tribuna, in pieno Olimpico. «Finalmente un presidente internazionale, io l’ho proposto da subito». E racconta che «l’ultima volta che i giornali parlarono di Poggio Nativo fu proprio il 31 agosto del 1971, quando ci inventammo il primo parco per nudisti nel bosco qui sotto, non sa che scandalo, vennero pure Pippo Franco e Laura Troschel a farsi le foto ignudi sul cavallo».
Ci passa il sindaco sul cellulare: «Sa, è romanistissimo, un ultrà». Vittore Antonini, 59 anni, uomo della Destra di Storace, conferma: «Intitoleremo una via al nonno Vincenzo Savioli. Quale? Beh, una la troviamo. E quando viene gli consegno le chiavi della città. Rivestiremo il municipio tutto di giallo e rosso, ai laziali li faremo rosicare». Sei, sette anni fa, quando la Roma era ancora lontana dal suo destino, James Pallotta capitò in paese con un altro zi’ Gaetano, sempre Savioli, e andarono a pranzo all’Oasi, famoso ristorante nostrano di Armando e Annalisa, che ora è sua amica su Facebook: «Gli ho scritto che lo aspetto». Con fettuccine o fregnacce (sorta di maltagliati) fatte in casa. «Sono laziale» confessa Armando. «Ma l’ospitalità è sacra». Sandra Savioli, del mobilificio Sabino, figlia di zi’ Gaetano e dunque cugina del presidente giallorosso, borbotta che «quando siamo andati in America, con zi’ Filomena, non tutti si sono fatti trovare », però adesso è acqua passata: «Io sono qui, se viene sono contenta, magari poi mi porta pure a conoscere il Capitano mio».