(Di Segni) C’è chi al tridente dà già del tu e chi fatica a calarsi nella parte. Questione di timidezza, forse. Per uno,Osvaldo, gli schemi di Zeman sono rock, la musica che adora; l’altro, Lamela, finora non è riuscito a imporre il suo tango. Le due facce della Roma (italo)argentina procedono a ritmo diverso: ballano troppi fattori per sceglierne uno solo con cui motivare l’andatura. E probabilmente novanta minuti sono pochi per emettere una sentenza.
QUESITI RIBALTATI– Strana estate, quella vissuta dal centravanti arrivato dall’Espanyol: radiomercato non lo ha mai lasciato in pace, come la spada di Damocle dei milioni sborsati dalla Roma per portarlo in Italia. Giugno e luglio sono andati via in un proliferare di dubbi: arriva Destro, Osvaldo che fine fa? Inter e Juve cercano una punta, vuoi vedere che a Trigoria decidono di monetizzare con Pablo Daniel? E ancora: quella testa calda, come si concilierà con il rigore del boemo? Chi lo conosce giura che il ragazzo abbia indossato l’armatura di fronte a tanto vociferare. Così i punti interrogativi hanno addrizzato la schiena, sono diventati esclamativi, mentre lui, Osvaldo, adesso viene percepito come un punto solo: fermo, del tridente.
L’OSVALDO GENEROSO– La prestazione contro il Catania lo ha caricato, il feeling con l’allenatore è cresciuto con i chilometri macinati sul campo. Ha capito di essere entrato nelle grazie di Zeman, vuole rifare lo stesso con Prandelli: «E’ un giocatore da seguire, poco prima dell’Europeo era nei miei pensieri – ha confessato il ct –, poi ho fatto altre scelte perchè nelle ultime partite l’ho visto molto nervoso. Deve stare tranquillo, non assumersi responsabilità oltre quelle che gli competono». Il richiamo non ha urtato la sua suscettibilità, né ha compromesso il suo umore. Anzi: l’Osvaldo vivace ha preso in ostaggio lo spogliatoio romanista, lo ha conquistato con l’allegria, si è messo tra i senatori e i giovani. Ha un rapporto speciale con Francesco Totti: c’era una volta il mito del capitano caccia-attaccanti, scaccia-concorrenza. (…) Poi c’è l’Osvaldo magnanimo, quello che fa da chioccia a Nico Lopez e Lamela: ricordate la sberla rifilata a el Coco nello spogliatoio di Udine lo scorso anno? Voi sì, loro no: tutto dimenticato.
LEGAMI- Insospettabili alleanze. Vai a credere, ad esempio, che Lamela e il ragazzino uruguaiano sono diventati inseparabili: sarà l’effetto dei rimbrotti di Zeman, il mal comune li ha uniti e il guizzo di Lopez non ha nemmeno creato troppi imbarazzi. Quel colpo avrebbe ferito l’orgoglio di chiunque, figurarsi quello di un ventenne che per un’ora aveva cercato invano un briciolo di gloria sul campo: il legame è intatto, la rivalità non si è macchiata di veleno. Lamela vuole prendersi la Roma a testa bassa, durante gli allenamenti sta provando a ripetere le lezioni del boemo, quelle sì che sono un cruccio: non vuole tradire i consigli, tanto che ieri, durante la seduta al Fulvio Bernardini, si è fatto trovare spesso ad un passo dalla porta. Al maestro la buona volontà non è sfuggita.
PRESSIONI – La piazza aspetta l’esplosione dell’ex River Plate, il fiore all’occhiello della prima campagna acquisti americana, il giocatore su cui Sabatini è pronto a giocarsi il proprio mandato: il ds magari non si dimetterà, se Lamela non dovesse risultare un crac. Ma sul tempo a disposizione del gioiello ci sarebbe da discutere: la vita a volte è strana e a Roma c’è chi ha preparato già il processo a questo talento sbarcato nella Capitale appena diciannovenne, sulle spalle aspettative e pressioni mica da poco, il dazio da pagare quando sul biglietto da visita c’è scritto “fenomeno”. La Roma lo considera un patrimonio e non ha fretta di passare all’incasso, non solo intellettuale: per il giovane sono state rifiutate offerte importanti, il club non dà cenni di rimpianto.