(A. Catapano) – Un anno di vita è un tempo sufficiente a giudicare l’operato di una società? Sì, a patto però che il giudizio tenga conto di quello che c’era prima e di quello che arriverà dopo. In altre parole, sarebbe ingiusto fare un bilancio del primo anno della Roma americana — che si celebra oggi, 365 giorni dopo il «closing» del 18 agosto 2011 — dimenticando l’eredità lasciata dalla Sensi e le prospettive che questa proprietà lascia intravedere all’orizzonte.
Passato e futuro Un anno dopo, quindi, bisogna ricordare per l’ennesima volta cos’era la Roma prima della scoperta dell’America: una squadra competitiva, ma una società stanca, provincialotta e con i conti improvvisamente sballati dopo stagioni di decantata «gestione virtuosa».
Cosa sarà la Roma tra uno, due o tre anni è difficile dirlo con certezza oggi, ma le fondamenta per costruire qualcosa di solido sono state gettate: incremento del merchandising, nuove sponsorizzazioni, accordi commerciali, tutte iniziative figlie di una gestione finalmente moderna del marchio Roma. E un iter serio e concreto per regalarsi uno stadio di proprietà. Con queste premesse, potrà avverarsi il sogno raccontato ieri da Claudio Fenucci. «Il futuro sarà nostro, forse molto prima di quanto pensiamo».[…]