(M. Ferretti) – Daniele De Rossi sarà pure un calciatore cedibile, ma è anche un valore incedibile della Roma. E bastava seguirlo ieri nell’incontro con la stampa per averne l’ennesima conferma. Perché se nel calcio tutto ha un prezzo, nel caso di De Rossi forse ciò che maggiormente vale è la personalità (la dignità?) che dimostra ogni volta che è chiamato ad esporsi. Impossibile, anzi vietato vendere qualità che non sono soltanto tecniche. L’uomo, in questo caso, conta quanto se non più del calciatore. E, a gioco lungo, la tattica paga, ben al di là del +10% in Borsa del titolo Roma dopo il suo «resto qui».
Aver detto no al Manchester City significa aver detto no anche alla Roma; o meglio alla tentazione (reale o presunta) della Roma di mandarlo via dalla Capitale. Come dire: è vero che il calcio attuale deve fare la massima attenzione ai conti, che nessun giocatore ha il posto di lavoro stabile ma non si può dimenticare che non tutti i giocatori sono uguali. Perché i tifosi commercialisti, per dirla alla DDR, sono ancora in minoranza, e i tifosi della maglia sono ancora la maggioranza.
De Rossi rappresenta la maglia della Roma e per questo la gente l’altra sera all’Olimpico ha urlato che Daniele non si tocca. Vendere uno come lui significherebbe mettere all’asta la maglia della Roma. Sul banco delle vendite ci vada chi bacia ogni anno una maglia diversa, non chi ha scelto la Roma da trenta anni pur avendone ancora ventinove.
Nell’infernale tarantella delle settimane passate c’è stato chi ha parlato troppo, chi troppo è stato zitto e chi come Daniele con due,tre parole ha sistemato tutto e tutti, facendo la figura più bella. Ora la speranza del tifoso della Sud è che il balletto non ricominci nel mercato di gennaio. E che, soprattutto, la squadra di Zdenek Zeman riesca domenica sera a battere il Catania. Magari, proprio come accade nelle telenovelas a lieto fine, con un gol di De Rossi, da dedicare ai nemici e ai falsi amici.
M.F.