(T. Cagnucci) – Nicolas FedericoLopez Alonso deve ancora compiere diciannovanni, li farà a ottobre quando nacque Aldo Maldera che con un gol una volta battè da solo il Catania nell’ultima partita dell’anno più bello che c’è (il millenovecentottantatrè).
Ieri alla prima partita della stagione, nella sua prima partita dentro uno stadio più grande dell’Uruguay, con una maglia più pesante e lunga di storia dei suoi denti, nell’ultimo minuto regolare, nel primo buono solitamente per le vane preghiere, Nicolas Federico Lopez Alonso ha regalato a se stesso e alla Roma non soltanto un punto, ma una speranza, un altro destino dalla rassegnazione,dal già visto, dal già detto, dal già perso.
Si è passata quasi un’estate a ricordare che la Roma non vinceva la prima partita di campionato esattamente da un 26 agosto come ieri, ma di cinque anni fa (dimenticando di aggiungere che quel campionato lì finì proprio contro il Catania con un pareggio che uccise il sogno); si è passata un’estate a dire quanto fosse diversa questa Roma rispetto all’anno scorso, e invece al primo minuto di recupero tutte le paure e tutti i fantasmi erano lì insieme alla Roma sotto in casa 2-1, con un avversario vestito di rossoblu con le stesse iniziali del Cagliari dell’anno scorso e di un cappotto che sarebbe stato insopportabile da indossare con questo clima.
Sembrava tutto identico, sembrava tutto come l’anno scorso, ma non era così, non sarà così: già Osvaldo con quella “cosa” aveva suggerito che il copione poteva cambiare, annunciando un risarcimento rispetto a quell’altro capolavoro di arte varia annullato contro il Lecce l’anno passato chissà da chi e chissà perché (chi aspettava Beatrice ieri ha trovato Dante: è un gol Divino, iscritto già adesso in qualche girone paradisiaco).
Nicolas Federico Lopez Alonso entrando in campo al posto del giocatore che anche ieri era stato il più grande, ha girato la carta, rovesciato le stelle completando la giravolta di Pablo è vivo, con un sombrero per un sinistro pieno e sporco, per un gol che è insieme una carezza e uno schiaffo sul primo palo verso l’ultimo dei tifosi della Sud, nel suo più profondo fondo della felicità a malapena maggiorenne.
Nel cambio tra Nicolas Federico Lopez Alonso e Francesco Totti ci sono dentro quindici anni di differenza, tutta la differenza fra la sostituzione di un anno e un giorno fa (era il 25 agosto lo Slovan) e questa, tutta l’età che passa dal primo Zeman romanista a quest’altro primo Zeman che è sempre romanista, che è sempre Zeman. Dentro questo gol c’è la voglia ragazzina di non arrendersi, c’è l’intelligente entusiasmo del lavoro, la spensieratezza di un sospiro di sollievo, la bellezza di una favola da poter ancora raccontare anche dentro questo calcio di scommesse e dentro questa partita che s’era messa e stava finendo male.
Il gol di Nicolas Federico Lopez è un segnale che sa di risposta ad altre cose che invece sanno di avvertimenti: i due gol in fuorigioco subiti e il rigore non dato per una parata di John Bellusci, i parrucconi che in settimana hanno difeso i parrucchini e che non vedono l’ora di fare fuori la Roma di Zdenek Zeman e di Franco Baldini. Di questo si tratta, di questo e basta: dietro questo gol c’era e resta uno striscione esposto poco prima proprio in quel settore: “In un calcio povero di uomini leali non comprerete i nostri ideali”.
E quando non sei in vendita gli altri possono solo provare a rubare.