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SERIE A Pizzul: La Roma? Può guardare con fiducia al prossimo campionato

Bruno Pizzul

Dici telecronista e in automatico pensi a Bruno Pizzul. Il popolare telecronista RAI si racconta in una lunga intervista che uscirà sul bimensile “GMagazine“, dove il numero uno dei giornalisti italiani racconta i suoi primi passi mossi nel mondo del giornalismo fino al calcio dei giorni nostri, a partire dalla sfida di Europa League che lo ha rivisto ancora una volta in voce. “I complimenti che mi sono arrivati dopo questa partita? Francamente non me li aspettavo perchè, tutto sommato, è stata un’esperienza non nuova per me anche se mancavo da qualche tempo dai microfoni. Forse è stata data un’eccessiva enfasi che è suonata come un rimprovero nei confronti dei cronisti che oggi fanno questo mestiere; ragazzi bravi e preparati solo con uno stile diverso”.

Quali emozioni nel tornare a fare una telecronaca dopo qualche tempo di digiuno?

“Ne ho fatte così tante… Esperienza piacevole che mi ha riportato indietro nel tempo, ma sapevo che sarebbe stata una telecronaca una tantum e non per riaprire un ciclo”.

Com’è nata l’idea di tornare in voce?

“L’amico Enrico Mentana un giorno al telefono mi disse che La7 aveva acquistato i diritti per questa partita e mi fece questa battuta: «perché la telecronaca non la fai te così vediamo se ti ricordi come si fa?». Poiché si trattava di una singola partita, decisi di accettare volentieri”.

Questo significa che non vedremo Pizzul tornare sul grande schermo?

“Di tanto in tanto se c’é l’opportunità di qualche comparsata la faccio volentieri, ma un reinserimento a ciclo continuo, per una serie di motivi, non è pensabile”.

Facciamo un passo indietro.Come nasce Pizzul telecronista?

“Non avevo mai pensato di fare questo mestiere. Anzi, visto il mio trascorso da calciatore in gioventù, non è che avessi maturato una grande simpatia per la categoria dei giornalisti sportivi. Per dirla tutta mi erano francamente poco simpatici, perché quando scrivevano delle mie prestazioni, forse a giusta ragione, non erano molto teneri. Allora non credevo che questo lavoro sarebbe diventato la mia professione”.

Quali sono stati i primi passi mossi in questo mondo?

“Chiusa la mia avventura da calciatore, mi sono laureato e una volta tornato a casa ho cominciato a insegnare alle scuole medie. Ricordo che la Rai bandì un concorso al quale non si presentò nessuno e così decisero di mandare delle lettere nominali d’invito ai giovani laureati; una di queste arrivò al sottoscritto. Dopo aver superato una serie di prove, fui ammesso al corso di preparazione professionale di sei mesi a Roma, al termine del quale ci fu l’assunzione”.

Quindi Pizzul telecronista nasce quasi per caso…

“Senza quasi. Ho cominciato questa professione senza avere nessuna vocazione. Dall’oggi al domani mi sono trovato a fare qualcosa che mi ha gratificato nel corso degli anni”.

Dopo di che è sbocciato l’amore…

“L’ho fatta molto volentieri perché è un lavoro accattivante, anche pericoloso per certi versi…”

Ovvero?

“Da molta visibilità e la tentazione di voler diventare personaggio è sempre in agguato. Questo mestiere va fatto con entusiasmo e piacere, senza prendersi troppo sul serio altrimenti si rischia di andare fuori dal seminato”.

Il modo di fare giornalismo è molto cambiato in questi ultimi anni…

“E’ cambiato perché si sono modificati i canoni di comunicazione. Oggi c’è il doppio telecronista, il bordocampista e qualche volta si ha come l’impressione che ci sia un eccesso di parole rispetto alle immagini”.

La sua gioia professionale più grande?

“Le più grandi emozioni sono legate alle prime partite raccontate. Io sono stato assunto sul finire del 1969 e qualche mese più tardi fui inviato dalla Rai come quarto telecronista per i Mondiali messicani. Per me è stato un cumulo di emozioni incredibili, anche perché mai avrei pensato di fare fin da subito un’esperienza così importante”.

Il ricordo più brutto?

“La tragedia dell’Heysel. Vicenda che mi segnò sia dal punto di vista umano che da quello professionale”.

La cosa che avrebbe voluto fare e che non è riuscito a portare a termine?

“Qualcuno dice che il mio rammarico più grande è stato quello di non aver potuto raccontare la vittoria di un Mondiale, ma garantisco che questa situazione non mi ha levato il sonno. Qualche volta siamo andativi vicino al successo finale come in occasione di  Italia ’90, avventura che mi ha provocato un forte dispiacere perché era il mondiale che più di tutti potevamo vincere”.

 Il campionato è alle porte e questo significa che il calciomercato è prossimo alla chiusura. E’ rimasto soddisfatto dalla campagna trasferimenti delle squadre di serie A?

“Quando si parla di mercato la componente fondamentale sono i soldi, ed è del tutto evidente che il calcio italiano non è più quell’Eldorado di qualche anno fa. E’ abbastanza grave che i pochi giocatori bravi tendano ad abbandonare il nostro campionato per altre esperienze più vantaggiose dal punto di vista economico. La nostra serie A, ovviamente, non può che risentirne”.

Ogni riferimento a Ibrahimovic è puramente casuale…

“Ibrahimovic è solo uno dei tanti casi, ma prima di lui sono partiti tanti altri calciatori. E’ chiaro che c’è una sperequazione con le possibilità economiche di alcuni club stranieri che alle proprie spalle hanno sceicchi o arabi… Adesso c’è questo discorso legato al fair-play finanziario che non so fino a quanto potrà funzionare”.

 Agosto mese di amichevoli. E’ rimasto sorpreso da qualche risultato?

“Il calcio d’agosto ha poca importanza, ma certi risultati sono poco rassicuranti per il nostro calcio”.

In tema di amichevoli fa specie vedere il Milan subire cinque reti seppure contro una squadra di valore come quella del Ral Madrid.

“Sono figuracce che tutti si risparmierebbero volentieri, che finiscono per creare qualche malumore in seno alla società. Galliani al termine dell’incontro è stato molto duro nei confronti di Allegri e si sa che quando i rapporti tra club e tecnico si guastano in maniera evidente, la faccenda diventa molto preoccupante”.

Sulla panchina della Roma c’è Zdenek Zeman.

“Il suo ritorno ai massimi livelli non può che far piacere anche perché è un grande uomo di sport, una persona di grande dirittura morale. Qualche volta si espone troppo con qualche dichiarazione che lo rende persona poco gradita ai “potenti”, però è un allenatore che sa far giocare bene le proprie squadre. Ha a disposizione un parco giocatori con giovani interessanti e per questo la Roma può guardare con fiducia al prossimo campionato”.

 Che cosa necessita Zeman per affermarsi definitivamente come allenatore di livello?

“Più dei giocatori di nome lui ha bisogno di un gruppo che sappia recepire i suoi metodi di preparazione e impostazione tattica. Da come ho capito anche i giocatori più “anziani”, ma importantissimi, come Totti e De Rossi hanno accettato volentieri la nuova ricetta di Zeman”.

Parlando delle altre da chi si aspetta conferme?

“Il Napoli è una squadra interessante anche se ha dovuto sopportare la partenza di qualche giocatore importante, ma la sua rosa resta di assoluto livello”.

Per finire, quale consiglio si sente di dare ad un giovane che vuole intraprendere la professione di telecronista?

“Come prima cosa di armarsi di tanta pazienza perché è difficile arrivare e la concorrenza è tanta. Poi consiglio di mantenere una propria spontaneità senza volersi adeguare a qualche modello di riferimento. Quando si fa una cronaca si capisce immediatamente se una persona è se stessa o sta imitando qualcuno”.

Fonte: GMmagazine

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