(L. Valdiserri) – Finirà mai la polemica tra Roma e Juve, tra Zeman e Vialli, tra chi vede nell’allenatore boemo l’unico paladino del calcio pulito e tra chi lo considera solo un provocatore che non ha mai vinto nulla?
La data della partita tra bianconeri e giallorossi si avvicina (a Torino, il 29 settembre) ma le polemiche non si placano. Semmai, aumentano. Ieri Zeman, nella conferenza stampa prima di Roma-Bologna, ha risposto alla pesante accusa ricevuta da Vialli nei giorni scorsi. L’ex attaccante della Juve aveva definito l’allenatore «un paraculo, una persona intelligente ma che combatte solo le battaglie che gli fanno comodo e si dimentica delle altre».
Queste le parole di Zeman: «Vialli si sbaglia. Pensavo che avesse smesso di prendere farmaci. Io, per le battaglie che ho combattuto, sono stato fuori dal calcio che conta per dieci anni».
Battaglie per far uscire il calcio «dalle farmacie e dalle banche», come disse Zeman in passato. Ed ecco che il riferimento ai farmaci può essere pesantissimo (se voluto e studiato) o comunque sgradevole (se è stato usato come sinonimo di «affermazione senza senso»). E se Zeman potrebbe querelare per il «paraculo», lo stesso potrebbe avvenire da parte di Vialli. La speranza, però, è che tutti facciano un passo indietro, capendo la delicatezza di una partita che sta diventando giorno dopo giorno un rischio.
Zeman, del resto, un parziale passo indietro lo ha fatto ieri nella polemica con il presidente della Federcalcio, Giancarlo Abete, che il boemo aveva definito «nemico del calcio» in un’intervista pubblicata venerdì scorso da Sette: «Quelle tre parole — ha detto Zeman — non le pensavo così come sono uscite. Me le rimangio, se il senso è quello che avete capito voi. Io continuo a dire che la Federcalcio, in questi anni, poteva approfittare di tante situazioni per cercare di migliorare il nostro movimento, così come hanno fatto in Germania. Ma non lo ha fatto».
Zeman, che non crede di meritare un deferimento («Perché ho chiarito il mio pensiero»), non ha parlato direttamente con Abete ma si è confrontato con i suoi dirigenti, assai poco contenti di vedere il nome della Roma sui giornali più per le polemiche che il bel gioco mostrato, ad esempio, nella vittoria di San Siro contro l’Inter. C’è stato un «cartellino giallo» per Zeman, insomma, ma non uno rosso. «All’interno ne abbiamo parlato, ho spiegato quello che volevo dire e cosa invece è stato scritto, ma non credo che le mie parole danneggino la Roma. Forse lo fa qualche titolo. La società, però, non mi ha detto che non approva il mio comportamento. È normale che voglia la tutela del nome della Roma e io mi impegno anche in questo senso». Vialli a parte, verrebbe da dire, dopo le parole di ieri.
Questo è Zeman: prendere o lasciare. E i tifosi della Roma prendono con grandissimo entusiasmo: anche oggi, all’Olimpico, saranno in più di 50 mila per la partita contro il Bologna. La maggioranza assoluta sta con Zeman, solo una minoranza trova le sue battaglie esagerate oppure «pericolose» per la squadra. Difficile dire se possano compattare ancora di più un gruppo o essere una distrazione. Il Bologna, ancora a zero punti ma molto sfortunato nell’ultima gara contro il Milan, sarà un bel banco di prova. L’impressione è che, squalificato Osvaldo e con Destro centravanti, sarà più facile vedere in campo Nico Lopez che Lamela.