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DOPO PARTITA La lettura dell’incontro di Paolo Marcacci

Totti

Io non so parlar d’amore, l’emozione non ha voce...Eppure Celentano si sbagliava, non essendo romanista; l’emozione ha una voce ogni volta più rauca, più strozzata in gola per l’incredulità di ogni volta che si ripete. Eravamo ragazzini, più o meno come lui e nessuno sapeva che il miracolo lo avrebbe accompagnato fino a dove ancora non si sa. Francesco Totti era la predestinazione che calzava gli scarpini, timida e sfrontata a un tempo, come solo il genio sa essere, ancor prima di capire di essere tale. Penso alle nostre fidanzate di quegli anni, alcune diventate nostre mogli, altre svanite chissà dove, nel frattempo; tutte, comunque sia, sacrificate al Culto del numero Dieci, sull’altare dei record, sotto il tabernacolo delle migliaia di assist. Meglio non sappiano mai e comunque non abbiano tenuto il conto del tempo che abbiamo trascorso pensando a Te, che il confronto anche per la più amata potrebbe risultare impietoso. Per i colori giallorossi e per il calcio italiano, che raramente ti ha meritato, sei stato il Bene, un bene assoluto che è passato alla fine indenne attraverso un labirinto di nefandezze calcistiche e non, un male relativo fatto di mediocri picchiatori a caccia di novanta minuti di notorietà e censori prevenuti capaci solo di argomentare sul nulla. Gli anni se ne sono andati come granelli di una clessidra che ogni volta si riempiva di novanta minuti da far stropicciare anche gli occhi di chi non voleva vedere; un discorso infinito, una punteggiatura di goal che ogni volta ha fatto invecchiare l’almanacco, ogni volta ha fatto cadere un nome che pareva irraggiungibile, come fossero le anatre di una lunga traversata. Duecentosedici è una parola, più che un numero, da scrivere per esteso in modo da aiutarci a srotolare i ricordi, a raccogliere il fiato per gli auguri. Cos’è un pareggio, per quanto deludente, al cospetto della Storia? Il soffio sulle candeline sia leggero, come l’ennesimo fremito di rete, alla faccia di tutti i guardalinee e dei minuti di recupero per cui esultano i mediocri.

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