(M. Cecchini) – Nonostante i progressi nell’accarezzare i manici delle sue Fender (elettrica) e Gibson (acustica), per il momento si dovrà rassegnare ad accettare che la gloria gli arrivi dal pallone. Pablo Daniel Osvaldo – acclarata somiglianza con Johnny Depp e gusti chitarristici a cavallo tra rock e rhythm & blues – galleggia sul suo «magic moment» col sorriso da italiano d’Argentina. Ma Buenos Aires, dove è nato 26 anni fa, in questi giorni azzurri sembra più lontana di Filottrano, in provincia di Ancona, da cui partirono i suoi avi in cerca di fortuna. A farla, poi, ci ha pensato lui, vincendo sfide e diffidenze da quando – appena ventenne – lasciò l’estate australe per sbarcare in una Bergamo coperta di neve. Atalanta, poi Lecce, Fiorentina (amatissima), Bologna e quindi il primo giudizio: inadatto al nostro campionato. Finì all’Espanyol per 5 milioni, solo per ritornare due anni dopo pagato 15 milioni più 3 di bonus in una Roma in gramaglie per l’addio di Vucinic. «È costato troppo», dissero in molti. «Macché, troppo poco», replicò lui sicuro. Il sospetto è che abbia avuto ragione lui. Non a caso Zeman, che lo ebbe al Lecce, lo ha imposto come perno della Roma e adesso Prandelli lo ha rimesso al centro dell’Italia. Così a Sofia sono arrivate le prime 2 reti azzurre, che stanno puntellando un inizio di stagione da rockstar: 4 gol in 3 partite, e quelli in campionato bellissimi.
Vittoria & papà Daniel Non è un mistero che Osvaldo abbia pagato il suo carattere irascibile nella Roma (non fu convocato dopo uno schiaffo a Lamela) e in Nazionale, tant’è che Zeman gli raccomanda di protestare meno con gli arbitri. Ma da buon chitarrista Daniel sa fare assoli ed accompagnamento, e così già a luglio ha detto: «Mi è dispiaciuto non esserci all’Europeo, però ora voglio tornare in Nazionale. Che bello sarebbe fare coppia con Balotelli!». Intanto, ora a svisare tocca a lui. «È una notte da ricordare, ma non chiamatemi salvatore visto che la gioia è dimezzata dal pareggio. Dedico i gol a mia figlia Vittoria, perché ogni volta che va in chiesa fa una preghiera e accende una candela per me, e mi ha chiamato in ritiro per dirmi di far gol. Mi sento molto bene in questo periodo. Il match? È stato difficile ed equilibrato, ma ha ragione Prandelli, ci è mancato il solito gioco, in alcuni momenti è stato difficile far girare la palla. Loro hanno fatto molto pressing e noi siamo andati in difficoltà. Primo e secondo tempo sono state due partite diverse: prima si sono abbassati, poi hanno alzato il baricentro e ci hanno mandato in crisi. Giovinco? Abbiamo fatto buoni scambi, d’altronde ci conosciamo bene dai tempi dell’Under. Anche con Destro, sebbene sia più punta come me, c’è un buon feeling. L’arrivo di Zeman a Roma, comunque, per noi attaccanti è stato importante per farci crescere». Non ne dubitiamo, ma che Vittoria non dimentichi mai preghierine e candele. Ne abbiamo bisogno.