(A. Pugliese) – Il bello è che nell’incredibile sconfitta della Roma c’è un po’ di tutto, ma poco di matrice zemaniana. Niente difesa sbilanciata, nessun contropiede, neanche un fuorigioco sbagliato. «Ed infatti Zeman è tutto nei primi 65 minuti di gioco, il resto sono situazioni spicciole di campo, errori individuali — dice il d.s. giallorosso Sabatini — Zeman sarà il nostro allenatore a lungo, perché con lui pensiamo di raggiungere certi risultati. È inutile attaccarlo».
Giri a vuoto Nessun attacco, ma tanta delusione sì. Anche negli occhi dello stesso Sabatini: «Dopo la suggestione-scudetto della scorsa settimana, era la prima verifica e non è stata positiva. A metà ripresa abbiamo perso verve: questa è una squadra che deve girare sempre al massimo dei giri, che deve giocare sempre al limite. Piris bocciato? Non credo: sul primo gol c’è un concorso di colpa, sul secondo è vittima di una bella giocata. Ma deve difendersi da solo, lavorando. E se Zeman penserà ad altre soluzioni, e ce ne sono, avrà il nostro appoggio». Zeman ci sta pensando e lo dimostra il cambio con Marquinho dopo l’uno-due («Due ganci al mento», dice Sabatini). «Ivan quando resta passivo non usa i suoi pregi — dice il boemo — Sul primo gol era in una posizione sbagliata, sul secondo siamo rimasti passivi ai 16 metri, senza attaccare. L’ho cambiato perché nella ripresa non spingeva più come prima». Un po’ come tutta la Roma, del resto. «Dopo un buon primo tempo ci siamo accontentati, allungandoci e perdendo aggressività. Serviva più concentrazione, alla fine buttavamo la palla avanti, senza costruire niente». Ed a chi gli ricorda che questo è il classico scivolone alla Zeman, il boemo risponde così: «Si dice sempre che non difendo bene perché difendo alto. Avessimo difeso così, quei gol non li avremmo presi».
Doppio violino «Cosa è cambiato? Che ad un certo punto ci siamo resi conto di essere ancora in partita», dice alla fine Pioli. L’uomo-copertina, però, è Alberto Gilardino, 10 gol alla Roma, ieri al suo 1° successo con i giallorossi dopo 14 gare: «È una doppietta che dedico alla squadra ed alle mie 3 figlie. La Roma è da scudetto e per i primi 45′ l’ha dimostrato, poi siamo stati bravi a reagire. Il mio obiettivo è giocare con continuità e fare gol. La nazionale? Vedremo, non dipende solo da me». Per ora, si gode la maglia numero 10, un bel portafortuna: «Era l’unica rimasta libera, ma sono diverso da Baggio e Totti». Già, Francesco, a cui Agliardi ha negato due gol. «La prima parata è stata tecnica, la seconda d’istinto — dice lui —. Ma sono felice per la vittoria, meritavamo di sbloccarci».