(M. Martucci) – Giù la maschera: nemmeno il Panopticon di Jeremy Bentham era mai arrivato a tanto. Il futuro degli stadi di calcio, presto a nuova vita col disegno di legge sugli impianti sportivi in terza lettura al Senato, è quello di veri e propri laboratori sperimentali a cielo aperto per il controllo delle masse. Tecnocrazia, burocrazia, mutazione genetica del tifoso in cliente profilato, strategie preventive in odor di repressione generalizzata, con tanto di verifica telematica di carichi pendenti e casellario giudiziario. Lo sfogatoio sociale è chiuso: allo stadio come in chiesa, più di cinema, museo e teatro.
Dopo la famigerata Tessera del Tifoso, gradualmente rivisitata dalle sentenze di garanti, Tar e Consiglio di Stato, l’Albo degli Striscioni è l’ultima novità dell’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazione Sportive, di stanza al Viminale. Con l’inizio della stagione calcistica, solo striscioni valutati, fotografati, schedati e autorizzati saranno esposti su spalti di casa e in trasferta. Come? Seguendo un iter al limite di gag di fantozziana memoria che, in tempi di semplificazione e snellimento procedurale, suona esattamente così. Labirintismo cristallino: “il tifoso che intende portare in trasferta uno striscione già regolarmente ne darà comunicazione alla società sportiva che organizza l’evento entro le ore 19,00 del giorno antecedente la gara. La società sportiva trasmetterà senza ritardo la comunicazione al responsabile del Gruppo Operativo di Sicurezza (coordinato da un funzionario di Polizia) per il prescritto parere, acquisito se non vi siano motivi ostativi”.
Lasciandovi ogni commento sull’Art. 21 della Costituzione (libertà di manifestazioni del pensiero) e sulla tutela dei diritti di espressione garantiti dall’Unione Europea (gli stadi, per lo più, sono comunali, quindi spazi pubblici e l’Albo degli Striscioni non è altro che una restrizione dell’opinione scritta dei cittadini, qui soggetta ad autorizzazione e censura della pubblica sicurezza), è chiaro ormai che il calcio della finanza, il calcio globalizzato del neocapitalismo di frontiera, il calcio industria delle multinazionali, spolpato dalle reti internazionali del crimine, il calcio violento della società della paura che per logiche di causa-effetto mischia spread, borsa, scandali, carte di credito e palloni gonfiati, con l’Albo degli Striscioni raggiunge l’apice dell’asfissia per tifosi disorientati, lobotomizzati, schiacciati, svuotati anche delle più elementari consuetudini, alimentate nei decenni da una religione civile giunta al tramonto.
Facciamocene una ragione. In America, i tifosi telecomandati dei Washinghton Wizards di basket, al centro del palazzo dello sport hanno un maxi-schermo che dice quando tifare, quando fischiare, cosa inneggiare e come farlo. In Inghilterra ci sono settori dove è vietato tifare in piedi. In Italia, più o meno, si è arrivati qui. Ecco perché uno spirito libero ed estroso come Filippo Tommaso Marinetti, avrebbe sicuramente abbandonato il calcio al suo destino e gli stadi alla loro tragicomica fine.
La tecnocrazia, la razionalità dell’irrazionale e la chiusura di ogni spazio vitale, anche verso il più elementare slancio ignoto e imprevedibile, è il colpo di grazia che schiaccia la goliardia del circo calcio, soffocando fantasia ed originalità degli striscioni. E’ il segno dei tempi, la morte dell’aggregazione sociale di curva, per un oscurantismo sovrano che amputa linguaggi giovanili e ritualismi sugli spalti, un tempo decodificati, oggi vietati: “Attente mamme, gli ultrà mangiano i bambini”, “Giulietta è na zoccola”, “Ilary e Totti: una letterina per un’analfabeta”, “Voi comaschi, noi cò le femmine”, “Baciamo le mani a Don Luciano”, “No agli steward, si alle hostess”, “Siete come il dentifricio, per-denti”…. è tutta roba da archeologia preistorica. Avvisate il buon Cristiano Militello di ‘Striscia la Notizia’: domani dovrà trovarsi un nuovo lavoro.