(A. Romita) – Non ci vuole un gran cervello per capire che essere Zemaniani è sano. Ed è meglio che professare ideologie Moggiane o Berlusconiane. Ma il direttore di Libero evidentemente non la pensa così e pur di andare controcorrente e provare ancora una volta a fare, senza riuscirci chiaramente, il Vittorio Feltri dei poveri, fa sferrare un brutto e demenziale attacco a quel “comunista” del nostro italianissimo Boemo. Non ci sta Belpietro a stare zitto e a unirsi al calcio pulito di Zeman. Non gli va a Libero di ricordarsi la guerra alle farmacie bianconere sferrata da Zdenek in un momento cruciale del calcio italiano.
Quando la Triade juventina faceva il bello e il cattivo tempo dentro e fuori dagli spogliatoi. E così, complice la crisi di copie che attanaglia il giornalismo italiano, il quotidiano, che con il Berlusca è rimasto il solo a parlare di comunismo, paragona il nostro allenatore a Togliatti e al Che Guevara. Per «quell’adesione fideistica» alla sua filosofia di gioco, per quel «culto della personalità» propri del comunismo peggiore e della dittatura rossa. La tesi di Libero è talmente una fesseria che basterebbe l’epurazione subìta da Zeman, l’ostracismo di cui è stato vittima dopo le sue denunce di un sistema corrotto, a ribaltarla. E’ stato tanto idolatrato Zeman da restare disoccupato per anni. O meglio, emarginato dal calcio che conta e che paga.
Poi, contrariamente alla tesi di Libero, non solo ha mostrato ancora una volta un gioco divertente con cui ha portato dei ragazzi del Pescara in serie A sbaragliando tutte le avversarie, ma ha promesso meraviglie che si sono sempre viste e toccate con mano. Certo vincere sempre e comunque, nella vita come nel pallone, è altra cosa. Ma il comunismo non c’entra nulla. Chi ha passione segue la Roma. Chi ama il calcio segue Zeman. Ma Libero la passione non sanno neanche dove sta di casa. Altrimenti avrebbero difeso tutti i giorni Simone Farina, calciatore sottrattosi a Scommessopoli facendola scoppiare con le sue denunce e licenziato dal Gubbio in agosto, quando è stato costretto a trasferirsi in Inghilterra per fare il dirigente dell’Aston Villa esportando così i valori di chi crede nella correttezza.