Nella Roma e in Nazionale. La parabola di Osvaldo è solo l’ultimo dei tanti esempi di come la vita di un calciatore possa cambiare rapidamente nella Capitale. Un’estate fa tutti a discutere del prezzo pagato all’Espanyol per un centravanti che in Italia aveva lasciato ricordi contrastanti. «È scarso, segna poco, è troppo matto». Adesso? «Guai chi lo tocca». Ci mancherebbe. Osvaldo piace da impazzire ai romanisti. Non solo alle donne. Due gol uno più bello dell’altro nelle prime giornate di campionato hanno spazzato via i dubbi residui. Ma Dani non si fida. Anche a San Siro c’è stato qualcuno (Bergonzi) che gli ha rovinato la festa, come spesso gli è accaduto durante la carriera. E allora lui per primo sa che la strada è ancora lunga. «Mi dipingono un ragazzo cattivo ma non lo sono e mi scoccia sentirmelo dire – urla Osvaldo dai banchi di Coverciano – sono migliorato dai tempi in cui giocavo nell’Espanyol anche se devo ancora cambiare caratterialmente, imparare a non ripetere certi comportamenti se voglio fare il salto di qualità». Zeman per primo glielo ha fatto notare, lui concorda ma fino a un certo punto. «Non è vero che sono antipatico con gli arbitri, a volte, quando in campo hai le pulsazioni a 200, si possono avere certe reazioni. Talvolta sono sbagliate, talvolta comprensibili. Ma non voglio giustificarmi, sono io che ci devo lavorare sopra. Con certi arbitri, però, puoi dialogare, altri invece sono più nervosi di noi giocatori. L’espulsione contro l’Inter decisa da Bergonzi? Meglio non entrare in polemica con lui perché a rimetterci sarei solo io. Però le immagini parlano da sole».
Già, per una volta l’italo-argentino paga con una giornata di squalifica per non aver commesso il fatto. Basta e avanza. Meglio pensare all’intesa con Totti. Ormai si trovano a occhi chiusi sul campo e fuori sono diventati inseparabili. «Giocare con un campione come Francesco – racconta Osvaldo – rende tutto più facile. Vede cose che noi comuni mortali non vediamo… Lui per me è un grande prima di tutto come persona, come giocatore è il compagno più forte mai avuto. E poi Zeman per noi attaccanti è una manna dal cielo, l’allenatore ideale». Con una miscela così quanto lontano si può arrivare? «È ancora presto per dire se questa Roma potrà lottare per lo scudetto e duellare con la Juventus, dopo le prime 10 giornate di campionato potremo saperlo. Finora con il Catania abbiamo giocato così così, a Milano invece abbiamo fatto una grande gara». La Roma se lo tiene stretto, «e io non mi sono mai allontanato. È stato un onore essere stato accostato a grandi club come la Juve ma non ho mai pensato di lasciare Trigoria e credo lo stesso valga per la società». (…)