(A. Masu) – C’era una volta il Sant’Elia, impianto da 60mila posti tirato su per festeggiare lo storico scudetto del ’70, quello di Gigi Riva e altri dieci eroi. Uno stadio da Coppa dei Campioni, da conservare nei secoli dei secoli. Ma l’inizio della fine arriva col restauro per Italia ’90. Quel Sant’Elia diventa sempre più un rudere, abbandonato a se stesso. Fino al 2002, quando Massimo Cellino inventa lo stadio matrioska: tribune Dalmine all’interno del vecchio impianto, uno stadio nello stadio. Soluzione momentanea, in attesa di ristrutturare o costruire un nuovo stadio. Ma in Italia non c’è nulla di più eterno del precario e il mostro sportivo viene trascinato fino al 2012, tra calcinacci che vengono giù e firme del sindaco per autorizzare le partite domenica dopo domenica. Il Sant’Elia si dimezza, agibile solo in una curva e nella tribuna centrale, mentre il grande calcio professionistico non batte ciglio. E allora il presidente rock, al secolo Massimo Cellino, si ribella e restituisce il Sant’Elia al Comune. Progetta un impianto a Elmas, la «Karalis Arena», bocciato perché troppo vicino all’aeroporto, e intanto trasferisce la squadra a Trieste, col «Nereo Rocco» che diventa la casa del Cagliari nelle ultime 4 giornate del campionato passato.
Il resto è storia di oggi. Sant’Elia e Trieste finiscono nel cassetto dei ricordi, ecco spuntare l’Is Arenas di Quartu, vecchio impianto per squadre dilettanti, da trasformare in stadio di serie A in pochi mesi. I lavori partono a maggio: «Per fine ottobre sarà pronto», sussurrano i più ottimisti in casa Cagliari. Ma tutto è relativo, compreso il tempo. Cellino vuole lo stadio per il 2 settembre, esordio casalingo con l’Atalanta. Una settimana di battaglie burocratiche porta a giocare a Quartu a porte chiuse. Con la promessa di aprirle al pubblico per il 23 settembre, cioè ieri. Il Cagliari ci crede, mette in vendita i biglietti. «Un azzardo», sibila il Prefetto di Cagliari Balsamo. Che, infatti, chiude ancora le porte, per uno stadio inagibile.
Inutile sommergere di carte gli uffici della Prefettura. E all’ennesimo no, il rockettaro Cellino imbraccia la chitarra e spara: «Tifosi, andate allo stadio, per noi è sicuro». Una dichiarazione di guerra in grande stile. Ora è tutto nelle mani del Giudice Sportivo.