(E. Pirari) – Sembra un sogno, l’ultima trasmissione fax, titolo: «Come buttare al secchio i consigli di un prefetto», l’ha spedita da Miami. Da quando frequenta gli Skorpions (band heavy metal tedesca), Massimo Cellino ha cambiato stile e metodi. Che Is Arenas, lo stadio di Quartu sant’Elena dove il presidente del Cagliari ha montato tornelli e tribuna smontati al sant’Elia, avesse qualche problema era cosa nota. A metà agosto svolazzando una copia del decreto-Pisanu glielo aveva ricordato il questore Savina. una settimana fa il prefetto Balsamo. Ma lui niente.
Da quando il sindaco di Cagliari Zedda gli ha partecipato che intorno al quartiere di sant’Elia non ci sarebbe stata più trippa per gatti (una delibera comunale esclude qualsiasi tipo di speculazione immobiliare), a lui è rimasta una sola meta, Is Arenas. Nonostante l’esistenza dello stadio che fu di Gigi Riva, e dopo che Enac e Coni, senza un apparente criterio a suo modo di vedere, gli avevano messo i bastoni tra le ruote a Elmas, la zona dove avrebbe voluto costruire il nuovo impianto. A furia di spolverare querele, esposti, tra polemiche feroci, confische e strascichi giudiziari Cellino ha deciso di andare alla guerra. Una guerra che, non fossero sufficienti Tirrenia e Saremar, quote latte, Alcoa, Porto Torres e un tessuto sociale vicino al collasso economico, allontana ancor più l’isola dal continente. La psiche cedevole di Milan e Inter, la fuga dei campioni e lo scandalo scommesse mettono in piedi il resto del puzzle, il fantastico scenario del nostro calcio. All’ultimo stadio.