(A. Pontani) – Il titolo del convegno ospitato sabato dalla prestigiosa Luiss promette bene: “Palla al centro. L’etica nello sport, in un’ottica di innovazione giovanile”. Relatori di spicco: Giancarlo Abete e Maurizio Beretta.
Ecco: innovazione, giovani, etica. Perbacco, chi meglio di quei due? Pensiamo in effetti alla spinta di innovazione proposta dal mondo del calcio, rappresentato dai suoi massimi vertici, il presidente federale e quello della Lega dei club di serie A. Grazie anche a loro abbiamo stadi modernissimi e sempre pieni ovunque, scuole calcio per bambini gratis e magnifiche seminate per il territorio, soprattutto al sud, sistemi antifrode invidiati da tutto il mondo, uno spettacolare apparato di giustizia sportiva, davvero efficientissimo. E poi, ancora: non è grazie ai suoi dirigenti che l’Italia può vantare conti a posto per i club, piena intesa tra tutti nello stabilire regole eque e comuni, accordi di solidarietà senza neppure bisogno di parlarne, armoniosa suddivisione delle risorse provenienti dalle televisioni?
Oppure pensiamo all’etica, ma sì: abbiamo visto con i nostri occhi l’efficace e immediata repressione dei comportamenti immorali, le norme durissime varate per salvaguardare la pulizia e i valori dello sport, l’equità conclamata nel distribuire le pene a chi sgarra, l’uniformità nei tempi e modi di giudizio, la protezione, assitenza e massimo sostegno fornito a chi ha avuto il coraggio di denunciare i corruttori, per evitare che restasse senza squadra e senza lavoro a 30 anni. E ancora: l’inflessibile ordine a rispettare le norme del fair play ai tesserati, prima tra tutte quella di onorare i momenti solenni come premiazioni o minuti di silenzio, la tolleranza zero per chi esterna veleni, rancori, ingiurie, insulti, vendette, sospetti, illazioni.
Naturalmente, in Italia non c’è per tradizione nessun interesse personale nel ricoprire le cariche: è il bene comune che conta. Per questo, forse, Giancarlo Abete non ha ancora annunciato la propria ricandidatura alla presidenza della Figc. Per questo, forse, Maurizio Beretta non ha ancora messo per iscrittto le dimissioni annnunciate più o meno un anno e mezzo fa, quando accettò un prestigioso incarico presso una banca che è anche azionista di uno dei club della Lega che rappresenta. Dev’essere per una questione di etica. Oppure di innovazione, fate voi.