(M. Pinci) – Il pregiudizio diffuso farebbe dire che il k. o. rocambolesco raccolto dalla sbadatissima Roma di domenica, contro il Bolognain casa, non è che il più classico dei cliché zemaniani: squadra in controllo della gara sotto il profilo del risultato, prima che un mix di superbia e sbadataggine ribalti il punteggio. Nulla di più sbagliato. Perché la rimonta subita all’Olimpico rappresenta un inedito assoluto nella carriera del tecnico boemo.
Potrebbe sembrare strano, sfogliando il curriculum di un allenatore che del gioco offensivo a tutti i costi, anche a risultato acquisito, ha fatto da sempre il proprio marchio. Eppure, il 2-3 con cui la Roma si è consegnata domenica pomeriggio al Bologna ha il sapore della “prima”, per Zeman. la prima volta in tutta la carriera in cui, l’allenatore di Praga, ha visto una propria squadra rimontata e battuta in casa dopo essere stata in vantaggio di due reti. Almeno negli ultimi 18 anni, da quando cioè salutato il Foggia, l’allenatore boemo aveva perso casa a Roma, anche se sull’altra sponda del Tevere. Dal 1994 a oggi, 18 anni esatti, mai una rimonta interna dopo aver realizzato due reti. Gli era capitato invece in trasferta, è vero. E l’ultima volta risale proprio al periodo laziale: Juventus-Lazio 4-2 del 10 marzo 1996. A Torino segna Favalli prima, Casiraghi poi. Sembra fatta, ma la Juventus si sveglia e rimonta, con Deschamps, un autogol di Chamot, Conte e Padovano. Era accaduta la stessa cosa 12 mesi prima (Napoli-Lazio 3-2 in rimonta, marzo ’95), da quel momento in poi, però, mai più nulla di simile. Non nei 24 mesi alla Roma – dove l’episodio più simile è un Roma-Parma 2-2 dopo l’iniziale 2-0 giallorosso – e neanche nelle avventure successive, che fossero il Napoli, la Salernitana, l’Avellino, il Lecce (due volte) il Brescia (solo pochi mesi) il Foggia o il Pescara. Mai, né in casa né fuori. Per tutti, in fondo, c’è sempre una prima volta.
Il giorno dopo la brutale sconfitta in rimonta, la squadra è rimasta a riposo. Appuntamento martedì per la ripresa dei lavori in vista del Cagliari. Con un obiettivo su tutti: regolare una difesa già forata sei volte in tre gare di campionato. Soltanto Pescara, Udinese, Bologna e Palermo hanno fatto peggio sin qui. “Se difendessimo più alti sarebbe meglio, ma ne ho parlato con la squadra e abbiamo preferito restare bassi sui 16 metri”, spiegava ieri Zeman dopo la partita. Evidente che, per il boemo, sia necessario rivedere l’organizzazione della retroguardia. Ma la coperta appare corta: i quattro che hanno iniziato la partita contro il Bologna – Piris, Burdisso, Castan, Balzaretti – sono di fatto gli unici titolari del reparto, con i baby Dodò (ancora infortunato), Romagnoli e Marquinhos (forse l’unico quasi pronto) uniche alternative, insieme al solito Taddei utile per tutte le stagioni.
E la sostituzione del disastroso Piris dopo il 2-2, così simile a una bocciatura, apre una voragine sulla fascia destra, dove il mercato non ha portato alternative al paraguaiano. Chi scegliere a Cagliari? Se lo chiederà Zeman in settimana, sapendo di aver poco davvero da inventare: con il Bologna a destra è stato scelto Marquinhos, possibile tocchi nuovamente a lui. Da qui a gennaio, Zeman dovrà poi riuscire a restituire Piris alla Roma e viceversa. Oppure continuare ad arrangiarsi.