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REPUBBLICA.IT Zeman in crisi: peggio di Luis Enrique

Zeman

(M. Pinci) – Centosessanta giorni cancellati in 20 minuti. Da Luis Enrique a Zeman, in cinque mesi il volto della Roma è rimasto esattamente lo stesso, nonostante la rivoluzione 2.0 di Baldini e Sabatini, nonostante altri trentasette milioni di investimenti sul mercato (per un nuovo passivo di 16 milioni) dodici nuovi giocatori e l’acclamatissimo guru boemo in panchina. E dopo 6 partite appena, è già tempo di processi. E sotto accusa finiscono tutti, dal tecnico ai dirigenti, oltre ovviamente ai giocatori. Difficile censire i mali di una squadra capace di regalare tre gol – seppure alla Juventus campione d’Italia – nel giro di 19 minuti appena. Peggio persino della scorsa primavera, quando i Luis Enrique boys ne impiegarono esattamente dieci in più, servì attendere fino al minuto 29, per racimolare lo stesso passivo, sullo stesso campo, contro lo stesso avversario. “Io do delle indicazioni ma la squadra non riesce a metterle in pratica”, sbuffa Zeman, rimangiandosi in un colpo le bugie della settimana, da Roma-Samp in poi (“Questa è già la mia Roma”).

CAMPAGNA ACQUISTI BOCCIATA – “Abbiamo sopravvalutato qualche giocatore”. Un ritornello suonato da Sabatini esattamente come nel maggio scorso, e che certifica, ad un mese appena dalla chiusura, il fallimento della campagna acquisti estiva. Perché dopo aver rinnegato in blocco o quasi i giocatori portati nella capitale al primo anno di gestione, i dirigenti Baldini e Sabatini hanno ripopolato lo spogliatoio con altre dodici novità. Senza, però, migliorare l’organico di squadra. Anzi, dei nuovi soltanto Balzaretti, Castan e Tachtsidis hanno iniziato la gara di Torino. Già bocciato il laterale destro Piris, che ha costretto Zeman a riesumare Taddei prima, poi anche un esterno adattato come il baby Marquinhos, acquistato per fare il centrale. Di Dodò si sono perse le tracce e chissà quando tornerà in campo: “Lasciamo perdere”, aveva risposto Zeman quando l’addetto stampa ricordava il nome del brasiliano tra gli esterni. E poi Tachtsidis, già nel tritacarne della critica, gravato da responsabilità forse troppo più grandi dei suoi 21 anni e da un’esperienza confinata a un buon campionato di serie B: a Torino alla fine è entrato al suo posto addirittura Perrotta, praticamente fuori rosa fino a una settimana fa. Con Bradley da tempo ai box, Destro ancora poco convincente e Balzaretti a corrente alternatissima, si salvano soltanto, sin qui, il centrale Castan e il giovane Florenzi, cresciuto a Trigoria, ma che il club ha dovuto riacquistare per 1,2 milioni a causa di un’operazione sciagurata con il Crotone.

GLI ATTRITI CON LA SQUADRA – Ma le responsabilità non sono unicamente di chi questa squadra l’ha assemblata. Anzi. “Chi parla di scudetto fa il male della Roma”, sosteneva Daniele De Rossi, uno dei leader indiscussi dello spogliatoio, al termine di Juventus-Roma. Parole che stridono in modo violento con quanto sosteneva Zeman soltanto cinque giorni fa: “La Roma può lottare per lo scudetto”. Una prima crepa, quantomeno ideologica, tra giocatori e allenatore, indirettamente (ci mancherebbe) accusato da De Rossi di fare “il male della Roma”. Ma non solo: anche a Torino, dopo il 3-0, si è avuta netta la sensazione di un rigetto delle idee di Zeman da parte della squadra. In fondo, lo confessa anche l’allenatore sostenendo che “in campo la squadra non riesce a mettere in pratica le mie indicazioni”. Una critica al gruppo tutt’altro che velata: in fondo, se dopo il terzo gol Taddei già rifiutava di proporsi in avanti per non scoprire la propria metà campo, se Totti e Osvaldo hanno iniziato a scambiarsi i ruoli senza che dalla panchina fosse arrivato alcun segnale in tal senso, se Lamela insisteva nel portar palla anziché proporre tagli in area, la conclusione può essere una soltanto.

ZEMAN IN CONFUSIONE, PEGGIO DI LUIS ENRIQUE – Ma attenzione a sottovalutare le responsabilità dell’allenatore. Quasi sconcertante nel mandare in campo Balzaretti, costretto poi a uscire per una febbre alta dopo mezz’ora appena. Qualcuno potrebbe ironizzare sostenendo che il mal di testa glielo abbiano fatto venire Caceres e Vidal, e non senza ragione, ma l’esterno non stava bene già prima del match: aveva senso farlo giocare ugualmente? E a puntare l’indice contro Zeman, è anche il confronto con il rendimento della squadra con Luis Enrique: in 5 gare giocate – e lo 0-3 di Cagliari a tavolino non può far media – l’asturiano è avanti di 3 punti sul boemo: 8 contro 5. E altrettanto imbarazzante è il rapporto della differenza reti: 6 gol fatti e 4 subiti un anno fa, 9 fatti e 11 subiti adesso. Presto per sostenere un confronto tra la Roma di oggi e la più disastrosa gestione tecnica degli ultimi 15 anni. Ma va detto che dopo le premesse estive, con toni trionfalistici e proclami in pompa magna, che avevano portato l’ennesima straordinaria risposta del pubblico, con un incremento del 50 per cento degli abbonamenti, la Roma è già interamente da rifare. Sperando che, al 30 settembre, non sia già troppo tardi.

 

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