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5-5-5 Questa non è Zemanlandia

5-5-5 L'Analisi tattica

Roma-Udinese 2-3, l’ennesimo passo indietro compiuto da una squadra che ancora deve dimostrare qualcosa. L’ennesima rimonta subita, tra le mura amiche, proprio nel momento in cui si aspettava il salto di qualità, quando tutti credevano sarebbe arrivata una dimostrazioni di maturità. Soprattutto l’ennesima sconfitta subita contro una squadra in crisi, quale l’Udinese, priva di diverse pedine fondamentali (quali Pinzi e Benatia). Difficile capire di chi è la colpa di tutte queste battute d’arresto, l’unica cosa sicura è che questa squadra di zemaniano ha veramente poco, nemmeno i risultati, che sono più vicini a scontri tennistici a volte, che a partite di un campionato di Serie A. Una Roma in cui regna sovrana la confusione tattica, in cui gli individualismi non emergono – eccezion fatta per Lamela e Totti – una squadra anche troppo sopravvalutata in sede di mercato in alcuni reparti.

Ad oggi una cosa è certa: questa squadra non rispetta le indicazioni del suo tecnico, non aggredisce, non pressa, non riesce a sfruttare il fuorigioco e, soprattutto, non attacca, o meglio, smette di attaccare dopo il vantaggio. Continua ad essere una nota dolente la gestione psicologica delle partite, oltre a quella fisica: o si parte ‘a mille’, per poi staccare la spina, o si scende in campo con la testa ancora negli spogliatoi, rimanendo in balia degli avversari – vedi Genoa o Juventus – per poi tentare di abbozzare una rimonta.

Avendo poi visto il Genoa nella sfida di sabato sera, contro un pessimo Milan, ci si dovrebbe chiedere se la rimonta di una settimana fa perde valore, visto che è stata conquistata contro una squadra allo sbando, cui manca un progetto tecnico ed un leader vero. Altro dato che emerge è la Totti-dipendenza: quando il Capitano esce, anche se solo per 5 minuti, la Roma finisce. Fatto preoccupante, perchè noi tutti speriamo che quel ragazzo con il 10 sulle spalle possa giocare per sempre, ma la dura realtà ci dice che ha 36 anni, e che purtroppo non è eterno.

LA TATTICA. La Roma parte forte, sembra essere subito in gara, con la voglia di schiacciare subito gli avversari. Nei primi minuti Brkic salva più volte la porta friulana, negando la gioia del goal a Lamela in due occasioni. Ma, soprattutto, si fa notare in campo Dodò: gran passo, ottimo piede, fortissimo in fase di spinta e per nulla sprovveduto in quella difensiva. La Roma ha un altro terzino, sempre sinistro, all’altezza della situazione, oltre a Balzaretti. Con Totti si capisce molto bene: su quella fascia l’elemento di disturbo sembra Pjanic. Il bosniaco non entra in partita, è lento rispetto ai compagni e sbaglia molto in fase di appoggio; i suoi movimenti si scontrano spesso con quelli del Capitano giallorosso, che continua ad agire da vero trequartista. Inoltre è l’unico centrocampista che non torna mai ad aiutare i propri difensori, lasciando spesso Dodò contro due avversari: il brasiliano non sembra accusare troppo la situazione nei primi minuti, ma poi la sua condizione cala drasticamente dalla mezz’ora, e l’Udinese ne approfitta.

Il primo goal di Lamela, frutto della classe infinita dell’argentino, nasce non a caso dalla fascia sinistra, poi l’argentino è bravo a seguire l’azione fino in fondo, riuscendo a trarre il massimo beneficio da un pallone ciccato malamente da Pjanic. Nel giro di due minuti arriva anche il raddoppio del numero 8 romanista: Osvaldo, allargatosi a sinistra come spesso accade, lo serve perfettamente, così Lamela deve solo spingere la palla in rete di testa. Ecco, proprio l’esterno destro del tridente di Zeman è la nota lieta da cui si deve ripartire; accusato all’inizio dell’anno di giocare troppo spalle alla porta, di pensare troppo a sè, è l’unico che ha compiuto passi avanti in questo avvio stagionale. Ora gioca frontalmente rispetto alla porta avversaria, aggredisce gli spazi, è tornato inarrestabile quando parte in progressione.

Proprio quando si crede che la Roma abbia chiuso la partita, ci si rende conto che non è affatto così: inspiegabilmente la squadra si rinchiude nella sua metà campo, senza riuscire a ripartire in contropiede, né ad imporre il proprio gioco, teoricamente offensivo. I friuliani prima sfiorano il pareggio con Lazzari, poi lo trovano sfruttando la solita palla piazzata. La sfortuna incide in queste situazioni, ma l’errore tecnico commesso da Osvaldo è di quelli che non si vedono nemmeno alla scuola calcio: l’italo-argentino colpisce la palla di testa, indirizzandola verso la propria area, invece che fuori, favorendo una possibile ripartenza. Questo taglia fuori i difensori giallorossi, saliti come da copione per lasciare in fuorigioco gli avversari.

Sul 2-1 si ha la certezza che si rivedrà qualcosa di già visto. I ragazzi di Zeman perdono sicurezza, al contrario di quelli di Guidolin, che acquistano coraggio. Tachtsidis compie l’ennesimo passo indietro e si fa puntualmente saltare; in più non riesce a verticalizzare come nelle prime apparizioni, rallentando troppo il gioco. Si va negli spogliatoi con la Roma in vantaggio, e in molti si aspetterebbero almeno il cambio di Dodò, che aveva fatto cenno più volte a Totti di rallentare il gioco dalla sua parte, avendo dato tutto. Ma la gestione dei cambi non sembra il punto forte del tecnico giallorosso, così tornano in campo gli stessi undici, e rientrano così come erano usciti: spauriti. La reazione romanista è come sempre affidata a Totti, che però non riesce a salvare la sua squadra ancora una volta.

Così arriva anche il pareggio di Di Natale: l’Udinese sfrutta ancora un errore di posizionamento di Piris, che non riesce mai a seguire i tempi di Castan e Marquinhos. Il paraguaiano lascia gli avversari in gioco, così il 10 friulano si trova a tu per tu con Stekelenburg; il portiere giallorosso prima para, ma alla seconda occasione si vede battuto. Anche qui bisognerebbe aprire un capitolo a parte: ogni volta il numero uno non è mai decisivo per la sua squadra, ma riesce addirittura a penalizzarla nel momento in cui i compagni avrebbero bisogno di lui.

Sul 2-2 la Roma si sveglia nuovamente, trascinata da Totti, che cerca di ispirare i compagni. Zeman sostituisce finalmente uno sfinito Dodò con Marquinho, che porta nuova forza sulla sinistra. Il numero 7 ci mette tanto impegno, ma sbaglia sempre i movimenti: le sue sovrapposizioni non avvengono mai verso l’esterno, ma sempre verso  l’interno, e solo la bravura di Totti lo mette in spesso in condizione di crossare. Cross comunque precisi, che non vengono adeguatamente sfruttati da Osvaldo. Anche un pessimo Pjanic lascia il campo per Florenzi, che si sistema a sinistra; infatti proprio su quella fascia i giallorossi cercano di costruire le azioni più pericolose.

L’errore più grande, però, lo compie proprio il Boemo sostituendo il Capitano al minuto 83: con questo cambio la squadra finisce praticamente di giocare, e proprio da una palla persa da Destro parte il contropiede da cui nasce il rigore decisivo.

ANALISI ATLETICA. La scelta che fa più discutere, a posteriori, è la partenza dal primo minuto di Dodò. Il terzino brasiliano è partito subito forte, senza far rimpiangere il titolare Balzaretti, ma dopo 30 minuti è apparso in affanno, non riuscendo più a spingere, ad accompagnare l’azione come nei primi minuti. Un calciatore reduce da uno stop così lungo, forse, sarebbe dovuto entrare nella fase finale della gara, così da permettergli di sfruttare il suo sprint nel momento di maggiore fatica degli avversari. Marquinho fisicamente è sicuramente più pronto, e, anche se fuori ruolo, avrebbe garantito di più dal punto di vista fisico.

Continua l’involuzione di Tachtsidis: il greco più si allena più sembra lento, oltre ad apparire decisamente spaurito. Perde 3 contrasti, ma recupera anche 4 palloni; il dato preoccupante sta nelle verticalizzazioni tentate, solo 9, poche rispetto al solito. Pjanic è l’altra nota dolente del centrocampo: il bosniaco è lento, fuori posizione, lontano dalla condizione ottimale. Perde 8 contrasti, recupera solo 2 palloni, pochi per un intermedio zemaniano (basti pensare che Florenzi, pur giocando pochi minuti, recupera 3 palloni), e realizza 54 passaggi, di cui uno solo lungo in verticale: gli altri sono solo appoggi corti.

Convince ancora il giovane Marquinhos: il brasiliano, sebbene la difesa giallorossa sia tra le peggiori, è una delle sorprese della stagione. Perde un solo contrasto, recupera 7 palloni, e gli riesce il 90% dei passaggi tentati. Il migliore è senza dubbio Lamela, che continua a crescere fisicamente e tatticamente: due le reti dell’argentino, che, come mostrano i flussi di gioco, copre tutta la fascia destra, aiutando molto Piris anche in difesa.

In attacco gioca una pessima partita Osvaldo: il numero 9 è sempre fuori dal vivo del gioco, toccando pochissimi palloni. Realizza solo il 65% dei passaggi tentati, perde 5 palloni, non ripiega mai nella metà campo difensiva per aiutare i propri compagni.

CAPITOLO ARBITRO. Sarebbe facile nascondere i propri limiti e le proprie colpe dietro un pessimo arbitraggio, ma i fatti, comunque, dicono che la Roma è stata penalizzata, con un calcio di rigore assegnatogli contro, inesistente. Pessima la giornata dei direttori di gara, che da quando sono in 6 vivono solo giornate con un rendimento sotto la media. Inoltre i 3 minuti di recupero sembrano pochi, per una gara piena di interruzioni, tra cui quella di cui si è reso protagonista Armero.

A cura di Luca Fatiga


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