(L. Valdiserri) – «L’obiettivo che ci siamo imposti quest’anno è competere per la Champions League. Abbiamo valutato la nostra forza, quella delle altre squadre e riteniamo che è un obiettivo possibile. Ai tifosi dico che siamo sicuri di aver costruito una squadra forte e presto lo dimostreremo. Questa società non si fermerà, è solida e ha degli obiettivi precisi. Il progetto fallito di Luis Enrique e il nuovo progetto con Zeman è lo stesso progetto: investire sui giovani per fare una squadra che resti competitiva nel tempo senza far rischiare alla società un fallimento finanziario. Vogliamo un calcio propositivo, un calcio che possa piacere». Il progetto di Franco Baldini, direttore generale della Roma made in Usa, è chiaro e attraente.
I risultati, per ora, non lo hanno minimamente trasformato in realtà ma alla società giallorossa vanno riconosciuti almeno due meriti: 1) ha fatto molto e molto farà per riavvicinare i tifosi allo stadio; 2) ha abbassato un monte ingaggi spropositato, arrivando per ora a un monte ingaggi molto alto. La conferenza stampa di ieri, giunta tre giorni dopo la disfatta dello Juventus Stadium, è stata usata più per attaccare la stampa («È evidente che in un ambiente più sereno sarebbe più facile. Si dicono molte falsità, non me lo aspettavo») che per spiegare ai tifosi imotivi di una stagione passata con 16 sconfitte e di quella in corso con una sola vittoria sul campo e una a tavolino ancora sub judice.
Quello che Baldini ha voluto ribadire con forza è che nessun dirigente sta lasciando la nave e che non si sente minimamente depotenziato dalla presenza di un uomo di fiducia del presidente Pallotta, con il quale è stato a cena ieri sera anche per festeggiare i suoi 52 anni appena compiuti: «Noi abbiamo le chiavi di casa, se i giocatori non sentono la presenza di quello che voi chiamate “il padrone” è colpa nostra, non certo della proprietà che è a 12.000 chilometri di distanza. Con gli americani ci confrontiamo tutti i giorni. Crediamo di avere dalla nostra parte tanta storia di calcio per essere credibili nei confronti dei giocatori, molto di più di quanto lo possa essere un presidente che arriva dall’America. Lui stesso non si sente credibile». I problemi, per Baldini, sono due: il tempo e la testa: «Stiamo cercando di ricreare la convinzione. Abbiamo scelto ogni giocatore in accordo con l’allenatore. Le caratteristiche di ognuno sono state prese per essere funzionali al suo gioco. Alcune partite, come quella di Torino, hanno minato la nostra convinzione, ma abbiamo le qualità per uscire da questo momento. Ci dobbiamo dare degli obiettivi, ma anche dei sogni. Si può giocare il calcio di Zeman e riuscire a vincere».