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CORRIERE DELLO SPORT Colantuono: “Roma in crisi? Io non mi fido…”

Stefano Colantuono

(F. M. Splendore) – Un romano amato a Bergamo. Un allenatore… per caso. Tutto questo, e molto di più, è Stefano Colantuono, il prossimo avversario di Zdenek Zeman e della Roma. Brividi sulla schiena dei tifosi giallorossi, l’Atalanta è quella che una vittoria ha fatto fuori casa in questa stagione ed è stato contro il Milan a San Siro, il 2 settembre scorso: il Milan, l’altra grande in ritardo… La Roma è ferita dal 4-1- a Torino, ma è ferita anche l’Atalanta dal rocambolesco ko in casa per 5-1 contro il Toro. Il condottiero ha dettato subito la strategia alla truppa: «Rialzamoci». E il condottiero, nel 2006, a 44 anni, la sua prima serie A l’ha trovata riportando nella massima serie proprio l’Atalanta. L’anno dopo ha fatto il record dei 50 punti. E l’anno scorso, dopo tre anni, è tornato: un’altra promozione, la salvezza partendo da -6 è un altro miracolo. Quest’anno la partenza è stata sempre con l’handicap: e il -2 non induca a pensare che sia più facile. «E’ sempre molto fastidioso perché non puoi mai stare alla pari con gli altri. Ma l’Atalanta si salva, si salva» . (…)

Ma che sconfitta strana è stata, quel 5-1 con il Toro?

«Quando perdi 5-1 chi vince ha sempre ragione. Ma, credetemi, la mia Atalanta, ha giocato per un’ora la miglior partita rispetto a tante altre fatte in casa e vinte anche nella passata stagione: il 2-1 rocambolesco di Gazzi, di nuca, a pesce, con palla sotto l’altro sette, è stato quasi un segnale. E’ andata così».

Questi 5 gol offrono un dato statistico in controtendenza con l’abitudine delle sue squadre: 9 gol al passivo sono tanti, no?

«E’ vero, ma pesa l’ultima partita. Nella passata stagione siamo stati la quarta miglior difesa. Ventura stesso aveva detto che è difficile far gol all’Atalanta: visto come è andata comincio a pensare che lo dicesse per scaramanzia… E’ andata così, guardiamo avanti. Torneremo ad essere attenti dietro».

Non sembra preoccupato…

«Lo sono nella misura in cui certi errori li abbiamo commessi e anche analizzati insieme come facciamo sempre. Mi avrebbe preoccupato di più un 5-1 nato da una totale rassegnazione. Ai ragazzi ho detto che bisogna mettersi subito tutto alle spalle e guardare avanti, quando va così. Certo davanti c’è la Roma e come dicono i romani come me… non sarà una passeggiata di salute».

L’avrebbe preoccupata un crollo come quello della Roma a Torino?

«Ma per carità. Chi vede il nostro mondo dal campo non può permettersi il lusso di esagerare. E allora vi dico che quella della Roma è stata una serata storta: ingigantita dal fatto che è capitata contro la migliore squadra del momento. Ora contro la Juve non puoi sbagliare niente».

Insomma, lei non crede che Milan e Roma siano in crisi in campionato? Eppure il Milan l’ha battuto a San Siro…

«Milan e Roma sono partite più a rilento, ma hanno ragioni diverse per giustificare queste false partenze. Il Milan ha ceduto due come Ibra e Thiago Silva che, tra averli e non averli, c’è l’abisso. E la sconfitta con noi nasce dal fatto che l’Atalanta ha giocato la gara perfetta, l’unica cosa che può fare per provare a vincere su campi così. La Roma ha cambiato di nuovo tanto, ha una squadra giovane che a gente come Lamela e Pjanic ha aggiunto Florenzi e Destro. Può essere normale la discontinuità. Il calcio di Zeman si conosce, ma questi ragazzi devono solo impararlo bene. La Roma è una grande squadra, questa estate l’ho inserita tra le possibili sorprese scudetto e continuo a pensare che possa rimettersi in gioco».

Lei era tra quelli che diceva “fate lavorare Luis Enrique”...

«Penso lo stesso di Zeman. Penso che la Roma abbia un gran futuro in prospettiva».

Un romano sradicato da Roma. Che rapporto ha con la sua città?

«Viscerale, torno poco perché mi divido con San Benedetto del Tronto dove vivo. Ma torno. Sono nato a Cinecittà, i miei parenti sono ancora tutti lì, tra Tuscolana, Alberone, San Giovanni. Io poi sono andato presto ad Anzio. Ma Roma è Roma, la capitale per antonomasia. Avrà i suoi difetti, ma per me ha soprattutto mille pregi».

Romanista da bambino si può dire?

«Quanto ci ricamate su questa storia. Questo è un Paese in cui è anche pericoloso dire certe cose perché si confondono i piani. Sono di una famiglia di romanisti, mio padre, i miei zii. Ero romanista anche io. Poi diventi professionista e cambia tutto: la squadra per cui tifavi diventa avversaria e vivi per batterla».

Quale era la sua prima Roma?

(sorride) «Ciccio Cordova, Cappellini, Del Sol, ogni tiro un gol!, diceva così la canzone no? Bruno Conti giovane, Maggiora, Curcio, Penzo. E poi Paolo Conti, Pruzzo…».
Un maestro a cui ispirarsi in panchina?
«Non ho avuto tempo di pensarci, perché non volevo allenare. Luciano e Alessandro Gaucci mi hanno inventato allenatore. I miei erano maestri di un altro calcio: Bersellini, Vinicio, Marchesi».

Cosa voleva fare dopo aver giocato?

«Walter Sabatini era dirigente nel giro Gaucci e io avrei voluto cominciare con lui l’attività di scouting. E invece eccomi ad accumulare stress. Non ricordo chi ha detto che fare il tecnico è bello fino al sabato, poi c’è la domenica… E’ verissimo, io perdo dieci anni di vita».

Ha battuto il Milan a San Siro. Ci prova a fare la seconda vittoria in trasferta in un grande stadio?

«Provare ci proviamo sì. Quello lo facciamo sempre. Vediamo cosa ci permetterà di fare la Roma. A noi, l’ho detto, servirà la partita perfetta».

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