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CORRIERE DELLO SPORT De Rossi: l’evoluzione (o involuzione?) di un campione
(R. Boccardelli) – Una vita da mediano, lavorando come Oriali… No, il testo di Liga non si adatta a Daniele De Rossi anche se, come il grande Oriali, il romanista ha vinto un mondiale da protagonista. Daniele è riuscito ad andare oltre la figura del mediano azzanna-caviglie, frangiflutti e portatore d’acqua. Daniele è stato, è e forse sarà altro, sicuramente molto di più.
LE ORIGINI – Nasce attaccante De Rossi, ma a 15 anni il suo allenatore di allora nelle giovanili giallorosse, Bencivenga gli suggerisce di arretrare la posizione. A metà campo con licenza di attaccare. E’ la svolta. In coppia con Aquilani, De Rossi guida il centrocampo di una bella Primavera, tanto che Fabio Capello, non uno qualsiasi, lo nota e nel 2002 lo fa debuttare giovanissimo in serie A: 4 presenze, 2 gol, mica male per un centrocampista.
IL RUOLO – Il primo De Rossi è un giovane mediano che può crescere al fianco di Emerson e Totti, con due laterali come Cafu e Candela. E l’esempio di Tommasi. Fa avanti e indietro nel centrocampo a 5 di Capello, si fa vedere in zona gol e in zona assist, legge a meraviglia le traiettorie di Francesco Totti, si ritaglia addosso un ruolo di mediano a livello europeo, sì, un po’ all’inglese, un po’ alla Gerrard tanto per fare il nome al quale Daniele è stato sempre accostato.
SVOLTA SPALLETTI – Nella stagione 2004-05, quella dei cinque allenatori, De Rossi è tra i pochi a tenere unita la baracca contribuendo pesantemente alla salvezza (perchè di salvezza si trattò) della squadra giallorossa. Con lui si affannano a centrocampo i vari Dacourt, Aquilani, Tommasi, Perrotta, Greco, D’Agostino e Abel Xavier. Nella stagione successiva, la risistemazione tattica di Spalletti con il 4-2-3-1 favorisce non poco l’esplosione definitiva di Daniele, che giocando in mezzo comincia a manifestare oltre alle sue doti di cursore e… incursore, anche una certa propensione alla regia. Propensione che trova la sublimazione nella stagione successiva quando arriva in giallorosso Pizarro. Tanto diversi, tanto complementari. Con lui Spalletti trova la quadra: Certo, Pizarro è più regista e De Rossi più mediano-mezz’ala, ma i due trovano spontaneamente in campo tempi e posizione giusti. Spesso si alternano. Pizarro danza tra gli avversari e spinge De Rossi sulla sua diagonale. E viceversa. Perrotta può fare il trequartista d’assalto con il Totti finto centravanti. E’ la Roma più bella degli ultimi anni che nella stagione 2007-08 viene praticamente “derubata” di uno scudetto (…)
L’EVOLUZIONE – O involuzione? Qui bisogna mettersi d’accordo. Dopo il quadriennio spallettiano arriva Ranieri e il delicato meccanismo giallorosso comincia ad incrinarsi. Daniele però mette a frutto il suo vecchio istinto per il gol e ne fa 7 in un campionato (2009-10) che vede la Roma sfiorare ancora il titolo. De Rossi è ormai un campione del mondo, un giocatore consacrato, sempre più portato all’impostazione rispetto all’interdizione, che pure non disdegna. In nazionale comunque, fa coppia fissa con Pirlo, che è un po’ il suo Pizarro in azzurro. (…)
TUTTI RUOLI – Forse per eccesso di generosità, con l’arrivo di Luis Enrique De Rossi è costretto a fare un po’ tutto: il regista, il mediano, perfino il difensore centrale in una difesa che fa acqua da tutte le parti. Gioca bene da centrale nel 4-3-3, ma è tutta la squadra che non riesce ad interpretare il gioco dell’asturiano. Soffre la Roma, soffrono i suoi giocatori e i suoi tifosi. Daniele è sempre lì in mezzo a ballare, a darle e a prenderle. Non c’è più il fido Pizarro al suo fianco. E poi arriva Zeman, che ha negli occhi il primo De Rossi, quello che corre in verticale, ruba palla e va a fare gol. Ma forse Daniele pensa invece di essere diventato un regista, magari non alla Pirlo ma comunque un regista. Che sia tutta qui la querelle tra i due?