Troppo poca l’Udinese dell’inizio o troppo agevole il compito della Roma per poter durare fino a quando serve? E’ il dubbio su cui l’Olimpico rimugina almeno fino al sessantesimo, quando un’Udinese compatta e forse leggermente più brillante nella corsa, ci fa stare guardinghi ad ogni sua ripartenza; niente a che vedere con le svagatezze da Europa League per gli uomini di Guidolin, anzi concentrazione crescente e coltello tra i denti per quanto riguarda l’agonismo. Pjanic ha piedi da architetto ma in appoggio è timido come un geometra, forse il cambio con Florenzi arriva anche troppo tardi, visto che già non era semplice ripartire col “Tachtsi“, notoriamente diesel e come se non bastasse innervosito ad arte da un Armero perpetuo. A un certo punto ci si mette la grandine, sul bagnato di un due a due prima incredibile e poi frustrante, se non addirittura pericoloso. La cosa più bagnata sembrano le polveri di Osvaldo, stizza da cartellino giallo e mirino appannato. Dodò subito e da manuale, sovrapposizioni come se piovesse (infatti piove) e riccioli da Ninetto Davoli giovane, quasi bambino. Finché ne ha, la Roma ha una risorsa in più e un tachimetro più adrenalinico; non che poi sia colpa di Marquinho, dopo il cambio: il fatto è che nel frattempo Guidolin alza la Maginot e intasa la metà campo sotto la Sud, tanto per far capire l’aria che tirerà nell’ultimo quarto d’ora. Si cerca un protagonista che possa ricamare il 3-2 sul terreno allentato; l’ultima griffe di Zeman è la meno attesa: fuori Totti, entrato in ogni azione a cominciare da quelle dei goal, dentro Destro a cercare di arrampicarsi nelle gerarchie del boemo. Nel frattempo, i bordocampisti famelici riportano lamentele crescenti di Zeman a proposito di chi non si inserisce come dovrebbe. Ma è stata la giornata dei fischietti, se qualcuno se ne fosse dimenticato: Castan e Maicosuel si sfiorano incrociando le traiettorie, la Roma sta ripartendo visto che comincia a gocciolare anche il cronometro ma Massa viene richiamato dal cervellotico Cervellera: è rigore. Di più: è cucchiaio di Di Natale sotto la Nord. Tre di recupero e sono pochi, al contrario dei fischi: per l’arbitro? Solo per lui, alla prima con la Roma? Per l’amnesia che s’è spostata stasera da metà primo tempo in poi? Per un centrocampo a cui continua a mancare un soldo per fare una lira? Nel dubbio: chi dovrebbe metterla, quella lira? Finisce con Guidolin tarantolato all’interno dell’area tecnico, con Osvaldo e Lamela che si perdono l’ultima combinazione, con il greco che perde la testa e riesce forse ad aggravare il referto dell’espulsione. Finisce, ma a pensarci bene all’Olimpico ancora deve cominciare. Adesso subito Parma, per l’ennesimo “Ricominciamo” e purtroppo non è un coro della Sud, stavolta: è il metronomo che scandisce il troppo tempo già perso.
DOPO PARTITA La lettura dell’incontro di Paolo Marcacci
Paolo Marcacci