(M.Cecchini) L’ultima volta che accadde in una partita con punti in palio, Peppino di Capri stava per diventare il re dell’estate twisteggiando sui ritmi sincopati di «St.Tropez», in attesa che l’autunno officiasse l’apertura del Concilio Vaticano II e lo scoppio della crisi missilistica tra Cuba e Stati Uniti. In quegli anni di boom economico, l’Italia arricchita (ma anche immalinconita) dall’emigrazione di massa, non faceva fatica a specchiarsi in una Nazionale che al Mondiale del Cile aveva in attacco oriundi di talento. Era il 7 giugno 1962 e contro la Svizzera, insieme con Pascutti, giocavano l’argentino Sivori e il brasiliano Sormani. Per la cronaca, finì 3-0 in favore degli azzurri. Quanto basta per sperare che il precedente sia di buon augurio, visto che 50 anni dopo la Nazionale torna a schierare un reparto avanzato formato da una coppia di «nuovi italiani», secondo gli aggiornamenti linguistici che il mezzo secolo di distanza ci ha fatto metabolizzare.
Dubbio El Shaarawy Insomma, oggi contro la Danimarca tocca a Pablo Daniel Osvaldo (originario di Buenos Aires) e Mario Balotelli (nato a Palermo ma da genitori ghanesi) far lievitare la nostra voglia di Brasile 2014. Se si pensa, poi, che a insidiare il posto a Mario è «l’egiziano» El Shaarawy si capisce come il «melting pot» azzurro ormai sia una realtà.
Scongiuri & Rotazioni Insomma, sarà anche una notte di «bad boys» talentuosi, ragazzi dal carattere graffiante e dai piedi raffinati. Il romanista Osvaldo un mese fa contro l’Inter ha segnato con un pallonetto delizioso, Balotelli — osannato ieri all’arrivo alla Stazione Centrale — invece torna a San Siro a due anni di distanza dall’ultimo gol realizzato al Chievo nel maggio 2010, il mese fantastico del triplete nerazzurro. Prandelli, accertata la guarigione di Mario, uscito in maniche di camicia dallo spogliatoio («ma si è allenato meglio del previsto»), così benedice la coppia. «Sanno entrambi cercare la profondità e difendere bene la palla». Il c.t., d’altronde, non ha mai guardato ai passaporti. Nella sua gestione, infatti, già due volte l’attacco azzurro — sempre però in amichevole — era stato composto da «nuovi italiani» (agosto 2010: Amauri-Balotelli contro la Costa d’Avorio; novembre 2011: Osvaldo-Balotelli contro l’Uruguay), ma in entrambi i casi era andata male (due k.o. per 1-0). Il fascino dell’alchimia resta, basti pensare che nella 20a partita vera del suo corso (perciò amichevoli escluse) il c.t. schiererebbe l’11° attacco diverso.
Sindrome polacca Balotelli, poi, deve liberarsi da una sorta di sindrome polacca, visto che i suoi 4 gol in azzurro finora li ha segnati appunto solo in Polonia: uno nell’amichevole di Wroclaw contro i padroni di casa, e tre all’Europeo (uno a Poznan con l’Irlanda e due a Varsavia con la Germania). Dalla finale poi l’attaccante — complice anche la febbre in Armenia — è scomparso dai radar azzurri, proprio mentre Osvaldo decollava. Le tre reti del romanista, infatti, sono tutte freschissime: due alla Bulgaria e una in Armenia. Insomma, un andamento speculare che stasera potrebbe congiungersi e diventare esplosivo, regalando un capitolo alla storia dei nuovi fratelli d’Italia con vista su Brasile 2014. A proposito, nel 1934 vincemmo il Mondiale grazie anche a una coppia oriunda, composta dagli argentini Guaita e Orsi. Ed è inutile dire come certi precedenti riescano a scaldarci il cuore.