(M. Calabresi) – A 20 anni, l’altalena di qualsiasi giostra si romperebbe, ammesso che un ventenne riesca a sedercisi sopra. Magari a Trigoria ne hanno fatta una su misura per Erik Lamela: un giorno indisponente, il giorno dopo prezioso e al servizio della squadra. Perfetto identikit di tanti suoi coetanei, spesso traditi dalla continuità: non fosse che rispetto agli altri, nel bilancio alla voce Erik Lamela, la Roma abbia fatto uscire ben 20,26 milioni dalle casse. 12 per il cartellino, 3,06 di imposte, più due bonus da un milione al raggiungimento della 10a e 20a presenza e 3,2 come commissione all’agente Fifa Martijn Odems. Roba da far venir voglia di mollare tutto e mettersi a fare i procuratori.
Polmoni d’acciaio Se sul rendimento di Lamela in molti si sono fatti più di una domanda, sulle sue qualità tecniche e fisiche nessuno ha mai osato aprire bocca. Zeman, dopo averlo bacchettato prima dell’esordio con il Catania («Ha capito ancora poco», ma disse lo stesso di Nico Lopez), lo ha promosso dopo la partita con l’Atalanta: «Ha tanta corsa nelle gambe, potrebbe correre per tre ore». Erik lo ha fatto per 90 minuti, come era successo poche volte da quando è a Roma: da esterno destro d’attacco ruolo in cui «nessuno vuole giocare» (copyright Zeman), ma spesso e volentieri dietro Bradley, che di norma partiva dieci metri dietro di lui. Atteggiamento che ha fatto felice Zeman e da cui Lamela (che nel Genoa-Roma con Luis Enrique fece addirittura il centravanti) potrà trarre benefici: Osvaldo e Destro rientreranno oggi dopo dieci giorni con la Nazionale, giorni in cui l’argentino si è potuto allenare con il boemo e guadagnare consensi.
Ottobre rosso In tutto ciò, il gol segnato all’Atalanta è quasi un dettaglio, di fronte alla prestazione: con quello (inutile) al Bologna, intanto, è già a quota due, metà del bottino della passata stagione, quando si fermò a quattro — più l’autogol di De Sanctis a Napoli —, avendo giocato la prima partita ufficiale il 23 ottobre per l’infortunio alla caviglia che si portava dietro dai tempi del River. Era una Roma ferita dal gol di Klose nel derby e Lamela, dopo otto minuti di Roma-Palermo, si presentò con un gol da fenomeno. «Bambino e campioncino», fu il giudizio della Gazzetta del giorno dopo: è trascorso quasi un anno, Lamela bambino non lo è più, ma non è ancora sceso dall’altalena. Intanto ha Zeman che, da dietro, lo spinge ad andare sempre più su. Per la gioia di tutti, compreso Martijn Odems.