(M. Calabresi) – Possibile che il tifoso della Roma si debba dividere tra un idolo e un totem? Possibilissimo. A dirla tutta, però, la bilancia dell’umore pende tutta dalla parte di Zdenek Zeman. Come soluzione ai problemi di 13 anni, il romanista medio ha sempre indicato il nome del boemo, motivo per cui non basta neppure che ci sia di mezzo De Rossi per farlo schiodare. Nuova mentalità La rivoluzione, Zeman, ce l’aveva già in mente, ma prima di sabato in pochi si sarebbero aspettati potesse riguardare anche De Rossi, a favore oltretutto di Tachtsidis, “potenziale campione” per Zeman, “inadeguato” per il resto della città: la rottura con il passato sta nel fatto che, in altri tempi, sarebbe stato l’allenatore a finire sulla graticola, a prescindere dai motivi. Ricordate cosa si disse di Luis Enrique dopo l’esclusione di De Rossi per il ritardo nella riunione tecnica? E della dirigenza della decisione di fermare Osvaldo dopo lo screzio con Lamela? Ieri, intanto, nelle radio e su internet, sono stati in tanti a chiedere una presa di posizione ufficiale della società per cercare di capire se è stato Zeman a esagerare o se effettivamente “De Rossi pensa solo ai fatti propri”. Maledetta sosta Magari a Genova, De Rossi e Osvaldo (più Burdisso, nella terra di mezzo) torneranno titolari e sorridenti, ma per dieci giorni non ci sarà nessun confronto tra giocatori e tecnico. E’ questo il guaio: quando in città si accende un focolaio, basta una vittoria neanche tanto convincente per far sparire tutto. Ricordare i tumulti del post Juve-Roma? Non ci fossero state le sparate di Zeman, se ne sarebbe parlato ma non sarebbe successo il finimondo. (…)