(T. Bottazzo) – «Festival dell’intelligenza collettiva». Motori di cultura, di conoscenza, di innovazione. E Zeman ci sta benissimo. Arriva su un auto elettrica «emissione zero»: «Visto che inquino con il fumo…» La sala del Teatro Palladium è gremita. Il suo tema gli si cuce addosso: «Oltre l’ego, etica della moltitudine: dalla squadra all’orchestra». A fianco ha il musicista-direttore premio Oscar Nicola Piovani.
Leader, bastone e carota Racconta il boemo: «Nel gestire una squadra non è facile conquistare la leadership. Il calcio è un gioco collettivo, ma oggi tutti pensano ai fatti propri. Io devo essere il leader. Come? Dicono che incuto timore, ma devo farmi seguire, convincere che quel che dico è giusto». L’ideale? «Vorrei tutti ragazzi alti, belli, forti, veloci. Ma una squadra è composita. Fondamentale il carattere: nel cercare un giocatore si indaga sulla famiglia, sulle squadre precedenti, sui comportamenti. Si spera poi che sia l’uomo giusto. A me piace di più lavorare con quelli con cui c’è da fare, da costruire». Il bastone e la carota? «Tanti giocatori hanno la fissazione che io cominci con le buone, poi finisca con le cattive. Sì, li escludo, oppure li ignoro. Fa male essere ignorati. Ma serve per modellare. Sperando di fare la cosa giusta: perché sbaglio anch’io».
Odio il telefono Gestire i campioni? «Il talento conta, ma non tutti hanno talento. E non è detto che 11 artisti battano 11 artigiani. Un po’ di cuore ci vuole sempre». Il rapporto con il web? «A me piacciono i contatti diretti, io voglio guardare negli occhi. Odio persino il telefono». L’Italia e i giovani? «La situazione è drammatica, non tutti se ne sono ancora resi conto. Ai giovani imprenditori dico: svegliatevi, andiamo avanti».