(A. Catapano) – L’ultimo affare del marketing americano supera i confini del Raccordo, come i precedenti, ma si ferma a Salerno: dopo Disney e Volkswagen, la Roma si lega al Caffè Gioia — «storica industria salernitana» recita il comunicato — per i prossimi due anni.
Scenari «Pecunia non olet», i soldi non hanno odore: così l’imperatore Vespasiano rispose al figlio Tito quando questi gli rimproverò di aver tassato i bagni pubblici. Molto più gradevole l’aroma del caffè, anche perché porterà nelle casse della Roma centinaia di migliaia di euro. Soldi benedetti in questo momento. Il bilancio al 30 giugno 2012, licenziato dal Cda pochi giorni fa, si è chiuso con perdite per 54,8 milioni e debiti finanziari per 77,3, tutti con UniCredit. I rapporti tra banca e americani sono ufficialmente cordiali, ma la situazione patrimoniale della Roma dice che il socio di minoranza tiene sotto scacco quello di maggioranza. In cambio dei prestiti e dei finanziamenti erogati ai soci americani, infatti, UniCredit non solo ha messo le mani sugli introiti da diritti tv e sponsorizzazioni di questa stagione, ma ha ottenuto pure il pegno delle azioni che la Roma detiene nella Soccer Sas (99,9%), la controllante che drena i ricavi da marketing, merchandising e, appunto, sponsorizzazioni. Praticamente, l’istituto di credito da un momento all’altro può mettere le mani sul marchio Roma.Scenario inquietante ma ancora remoto. Più probabile, invece, che la proprietà giallorossa, in attesa di aprire il pacchetto azionario a nuovi soci col pretesto dello stadio, debba stanziare un nuovo aumento di capitale dopo quello in corso (50 milioni già immessi, altri 30 in arrivo), pena il rischio di non rientrare nel recinto del fair play Uefa.
Curiosità Ecco perché stupisce scoprire tra le pieghe del bilancio il monte premi stanziato per i prossimi cinque anni: 62,5 milioni di euro, più di 12 a stagione, ovviamente la cifra massima ipotizzata se la Roma vincesse tutto il possibile. Comunque tanto per un club che già versa 97 milioni di ingaggi ai suoi tesserati. E stupisce ancora di più che per tre campionati — dal 2013 al 2016 — siano stati accantonati 1,7 milioni di premi salvezza. Addirittura? A meno che in quella cifra non ci sia in realtà l’ingaggio vero e proprio di qualche giocatore, nascosto per non turbare la sensibilità dei compagni.