(F. Ordine) – Non è la prima volta che il calcio professato da Zeman oltre che le sue idee, vengano prese di mira dall’ampia platea degli scettici e radunate come legna cui dare fuoco perii rogo cui destinare il grande eretico. Prima di entrare nel merito del dibattito che non è inedito (ricordate i precedenti ai tempi dell’Arrigo?), è bene distinguere la discussione squisitamente calcistica di oggi dal furore ideologico che ha travolto le parole più che il lavoro del boemo, è bene riferirsi solo ed esclusivamente allo Zeman allenatore, al suo lavoro, alla sua carriera, ai risultati collezionati (non esclusi i fiaschi). Lo Zeman polemista è spesso ossessivo e finisce col diventare l’icona di un odioso anti-juventinismo: non sempre può essere condiviso anche se da quelle parti, a Roma e dintorni cioè, sono tanti i dirigenti di spessore (Petrucci, adesso anche il suo probabile successore al Coni, Pagnozzi) che gli attribuiscono le virtù dell’oracolo.
È Zeman allenatore che dobbiamo discutere, perciò. Primo appunto: il suo calcio non può essere vecchio né superato anche per motivi elementari. Ha vinto e convinto qualche mese prima di approdare a T rigoria, col Pescara cioè, squadra di sicuro non partita col favore dei pronostici, allestita con una striscia di prestiti, molti giovanissimi, alcuni «scovati» in qualche primavera e addirittura nel retrobottega della serie A. Se quel Pescara, al pari del Foggia degli anni Novanta, a parità di disponibilità economica cioè, hanno sedotto intere legioni di tifosi, e molti addetti ai lavori, riempitogli stadi (con Zeman sulla panchina il Foggia era la seconda squadra che attirava la maggiore affluenza a San Siro, chiedere a Galliani per conferma), non può essere per una idea di calcio superata, impraticabile, antica. Il calcio non ha modificato le sue regole storiche, non è diventato un altro sport. Il motore che muove il calcio di Zeman è la ricerca maniacale del gol, il suo chiodo fisso è la perfezione geometrica, il suo vanto la corsa continua dei suoi unita alla esaltazione di una organizzazione tattica mai disposta sulla difensiva e basta. La Roma attuale è capace di esprimere questo calcio totale e spettacolare a tratti, solo a tratti, con una percentuale di errori troppo alta per non lasciare il segno.
Di qui le partite dominate ma finite con deludenti pareggi. Il quesito è il seguente: se è riuscito nell’impresa a Pescara con Insigne e Immobile e Verratti, può riuscire a Roma con De Rossi, Totti e Osvaldo? La risposta di un convinto ammiratore pone un quesito successivo: siamo sicuri che Zeman abbia a disposizione un gruppo con caratteristiche tecniche e mentali adatte al suo calcio? Il sospetto è chenellaRoma maltrattata dalla Juve di Conte ci sia poca gioventù, qualche acquisto fallito e molti esponenti non proprio convinti che quella sia la strada giusta da battere. Seconda questione: possono bastare sei partite per stabilire se Zeman ha già fallito la missione? La risposta è naturalmente no, cento volte no. Solo Montella, a Firenze, con squadra nuova di zecca, è riuscito in un tempo record a far quadrare tutti i conti. Per aiutare Zeman c’è bisogno di una fede cieca nelle sue idee da parte di società, pubblico e spogliatoio. P.S.: Scusate l’insistenza: ma siamo sicuri che il calcio praticato da Conte e dalla Juve di questi tempi sia così lontano da quello inseguito dal boemo?