(S. Carina) – Alzi la mano chi al momento dell’ingaggio di Zeman non ha pensato che il boemo potesse rappresentare l’allenatore ideale per l’esplosione di Lamela. Non basta certamente una gara per esprimere un giudizio definitivo, ma se l’argentino dimostrerà nel proseguo del campionato la stessa determinazione e lo spirito di sacrificio profusi contro l’Atalanta (gol a parte), Sabatini può tranquillamente continuare a fare il suo mestiere a Trigoria. Già, perché il ds più di una volta, scherzando (ma non troppo) ha minacciato le dimissioni qualora l’ex River Plate non trovasse la sua consacrazione a Roma.
Sul futuro roseo dell’argentino non è l’unico che si è esposto. Bastò ad esempio un gol (bellissimo) al Palermo il giorno del suo esordio in giallorosso per far sciogliere Luis Enrique: «È speciale, straordinario, diverso. Mi piace il suo atteggiamento, la sua personalità». Chissà cosa deve aver pensato il buon Erik quando dalle carezze asturiane è passato ai giudizi tranchant del boemo: «Non esiste nel calcio che un attaccante giochi con le spalle alla porta, quando imparerà un paio di cose ci sarà utile». Oppure: «Lopez e Lamela sono più o meno allo stesso livello, nel senso che hanno capito poco quello che voglio». Senza dimenticare l’ultima frecciata: «Lamela? Non vede quasi mai la porta». Parole che azzeravano un’estate vissuta all’ombra della grancassa mediatica. «È il migliore nelle ripetute sui 1000 metri con 2’49, ha battuto il record di Di Francesco», i resoconti pieni d’entusiasmo che arrivavano da Brunico, quasi che Lamela dovesse trasformarsi in un fondista anziché in un calciatore. Ci ha pensato Zeman a riportarlo con i piedi per terra. E l’operazione, complice un talento indiscusso e l’aiuto di Sabatini (il primo a spronarlo a reagire alle critiche), sembra stia dando i primi frutti.
El Coco – che ha pagato (e paga ancora) inevitabilmente il fatto di rappresentare l’acquisto più oneroso della gestione Usa – ha potuto usufruire di un problema tattico, legato al fatto che sia Destro sia Osvaldo non amano giocare a destra nel tridente. L’argentino, invece, non se l’è fatto ripetere due volte e si è messo immediatamente a disposizione, ritagliandosi – nonostante qualche prova opaca – un posto da titolare. Umiltà e voglia d’imparare che non sono passate inosservate. Lo si intuisce dalle piccole cose. Un esempio? Sabato scorso durante l’amichevole disputata contro la Primavera di De Rossi senior, Zeman aveva occhi solo per lui: lo invitava ad accentrarsi e tirare in porta per poi ripiegare e coprire la zona di campo che gli era stata assegnata. A tratti sembrava si trattasse di un allenamento personalizzato. Conoscendo il boemo, buon segno.
Lo stesso che la Roma – che ieri ha ufficializzato la parternship con Trenitalia – si attende da Pjanic. Dopo 20 giorni di stop, il bosniaco è sceso nuovamente in campo con la maglia della sua nazionale contro la Lituania, segnando anche un gol: «Sarebbe un sogno poter partecipare al mondiale. Viviamo giorno dopo giorno in attesa di qualificarci per questa manifestazione». Il centrocampista già pensa al derby: «Non vedo l’ora di incontrare Lulic, che gioca nella Lazio». Chi invece per ora si accontenta di una semplice convocazione contro il Genoa è Dodò. Il brasiliano continua a migliorare allenamento dopo allenamento. Ieri durante la partitella ha anche segnato un gol (cucchiaio alla Totti) mentre il suo connazionale Castan esordiva a migliaia di chilometri di distanza con la maglia della Seleçao: «Ho realizzato un altro sogno della mia vita».