(M. Pinci) – «Ma I Famers sono le vecchie glorie o noi che non abbiamo fatto colazione?» si chiedeva qualche assonnato tifoso in un Olimpico semideserto. Non sono ancora le 11 quando la Roma presenta la propria Hall of Fame: in pochi però, hanno puntato la sveglia in tempo per applaudire Falcao e Bruno Conti, Losi e Aldair, Tancredi e Pruzzo, ma anche il ricordo di Di Bartolomei e Bernardini, e gli assenti Cafu e Amadei. Un peccato che la cornice non fosse all’altezza di una cerimonia resa solenne dalle musiche di Morricone e dalla presenza delle altre stelle romaniste, da Giannini a Tommasi, da Vierchowod a Rizzitelli, più che dalle auto dello sponsor su cui i “Famers” — quelli veri, non i tifosi affamati — fanno il giro dello stadio.
Per tutti, maglie celebrative e strette di mano con Baldini e il presidente Pallotta. Sarà rimasto disorientato Mr. Jim ascoltando i fischi alla sua squadra dopo gli applausi ai “vecchi”: unico risparmiato Totti, e non certo per l’età che lo avvicina più a Aldair che a Lamela. E non gli restituisce il sorriso l’accoglienza della curva: «La maglia è onorata solo se sudata, da oggi chi tradisce è meglio se sparisce». La prende in parola Zeman, che toglie Osvaldo e De Rossi. «Tutto il resto è noia», recita qualcuno evocando evidentemente il primo tempo della Roma. Poi Totti inventa e Lamela segna. Imitato dall’americano Bradley che fa drizzare in piedi il connazionale Pallotta e il suo “clan”: evidentemente più fortunati nei risultati dell’ex presidente DiBenedetto. Il suo curriculum è già nella Hall of Fame dei brutti ricordi.