(F. S. Intorcia) – I generali sfiduciati a Roma dovevano arrivare ai confini dell’Impero per ritrovare la gloria e il gol.In fondo, avevano capito tutto anche i tifosi armeni, che al fischio d’inizio hanno srotolato un enorme lenzuolo affrescato, con un gladiatore italiano guardato in cagnesco da un guerriero locale e la citazione rivisitata ‘Veni, vidi, perdidid’, con una consonante di troppo.Messi in panchina da Zeman,De Rossi e Osvaldo assoggettano l’Armenia 1898 anni dopo Traiano, riducono la trappola di Erevan a una questione romana, scolpiscono nei numeri, oltre due prestazioni personali non sempre luccicanti, la loro fama.
Uno, De Rossi, raggiunge Tardelli, Bergomi e Baresi a quota 81 presenze in Nazionale e regala un confetto di consolazione ai sostenitori del Roma Club locale, che l’avevano accolto all’aeroporto come un re. È il suo 12° centro in azzurro, uno più di Di Natale e tre più di Totti, arriva ancora di testa, e cambia la storia della serata. L’altro, Osvaldo, orfano di Balotelli, sigla il terzo gol in tre partite di qualificazione e lo fa proprio su assist del compagno di club. «Mi ha dato una palla bellissima, il resto è stato facile, lo ringrazio. Questa è una vittoria importante, forse fondamentale, perché sapevamo di trovare un campo difficile e un avversario molto aggressivo». Ecco l’ItalRoma che l’oriundo sognava. Prandelli aveva puntato anche sulla loro sete di riscatto: «Hanno dimostrato che un calciatore non deve parlare ma rispondere in campo e solo su quello, poi è meglio stare in silenzio e dimostrare in settimana e in gara il proprio valore». Il silenzio lo suona De Rossi, che nel clima di festa del dopo gara evita il salottino Rai e dribbla la zona mista, sciogliendosi solo oltre il portone d’uscita, quando scherza proprio con Osvaldo. E forse lascia a lui le consegne della polemica, sottile e pungente. «In fondo mi è solo capitato di andare una volta in panchina — dice Osvaldo — , può
succedere a tutti. Quello che mi è dispiaciuto sono state le parole di Zeman, perché a me si può dire tutto ma non che non mi impegno. Se ci siamo parlati? No, ma a me non deve spiegare niente nessuno. Sono contento invece perché nel calcio la fortuna conta poco, serve il lavoro e il campo stasera mi ha ripagato».
E mentre Giovinco, sostituito, non trova la rete e alla fine manifesta il suo malumore ai cronisti («Strano che mi critichiate anche stavolta… La verità è che non vedete le partite, giudicate solo in base ai gol»), Osvaldo si toglie lo sfizio di mandare un’altra cartolina a Zeman. «Mi chiedete se gli dedico la rete? No, preferisco dedicarla a chi mi vuole bene e ha fiducia in me. Quando un giocatore sente la stima del tecnico poi cerca sempre di ripagarlo in campo. Io mi sento uno come gli altri, che deve guadagnarsi il posto. Vale nella Roma e in Nazionale ».Chissà se a De Rossi arrivano le parole di Mkhitaryan, autore del momentaneo pareggio e inseguito a fine gara come una stella: «Daniele è semplicemente magnifique, uno dei migliori centrocampisti del mondo, uno dei tanti fuoriclasse su cui può contare l’Italia, e so che stasera qualche armeno tifava anche per lui…». Osvaldo invece guarda avanti: ha un posto fisso nell’Italia, deve ritrovarlo a casa sua. «Non mi aspetto che questo gol cambi nulla, non sono certo di giocare con la Danimarca e neppure a Genova in campionato». In questo viaggio si è portato dietro “Nelle terre estreme”, il libro di Jon Krakauer da cui è stato tratto il film ‘Into the wild’. L’ha appena cominciato.