“L’Italia è il paese che amo…”: poteva cominciare così la sua requisitoria contro il sistema mediatico che accerchia (!) la Juventus Andrea Agnelli, come fece nel 1994 un altro che mise in scena con successo lo stato di pericolo in cui versavano i suoi personali vantaggi e privilegi. Magari, nel caso del presidente juventino, inarcando il sopracciglio. Che siano stati messi in mezzo questo è indubbio però; io personalmente cambierei la forma del verbo da passivo a riflessivo: ci si sono messi, panchina compresa, tanto che quando hanno occupato il centro della scena, per discrezione i vari Gervasoni, Rizzoli, Maggiani si sono fatti da parte, un po’ come il “bibitaro” quando comincia la partita. Quaranta secondi, più o meno, per capovolgere un verdetto che a tutta Italia era parso cristallino; conciliaboli e facce esasperate, con espressioni contrastanti: incredulità crescente dei catanesi, veemenza autoritaria (non autorevole, che questo al potere nel nostro paese non è mai servito) della Juve, spezie comprese, quindi pure Pepe. Quaranta secondi in cui tutta l’Italia non juventina ha potuto meditare e rimuginare su tutte le volte in cui, nel passato, il proprio cammino si è trovato ad intersecare quello di Madama (soprannome da “poliziottesco” anni settanta); un’Italia viola-granata-giallorossa-
ORA D’ARIA Juve in panchina la svista s’avvicina
La minestra è sempre la stessa, resa più salata dalla sindrome da risarcimento che il popolo juventino ha contratto immediatamente dopo Calciopoli, con tanti italiani che beatificano Moggi su Twitter e una pletora di opinionisti televisivi, locali e non, che fanno i sofisti sui parziali vantaggi che ogni tanto toccano all’Italia non bianconera. Personalmente, per non cadere nella ripetizione dei concetti e delle polemiche, sarei tentato di chiudere chiedendo in prestito un paio di versi al Maestro Guccini, quindi /Non starò qui a cercare parole che non trovo/ Per dirti cose vecchie con il vestito nuovo…/, ma la vera chiosa la affido ad un piccolo monito: il campionato italiano lo stiamo mollando, piano piano, nei numeri e negli interessi, questo anche le televisioni a pagamento cominciano a registrarlo; sempre di più preferiamo il calcio degli altri, dove lo spettacolo è migliore e gli errori sono distribuiti in maniera casuale e di conseguenza più equa. Rischiamo di finire come le elezioni in Sicilia: continueranno a dargli importanza i pochi vincitori e i coglioni che non vogliono accorgersi di nulla.
Paolo Marcacci